Va subito precisato che nessuno nega quanto possa essere difficile, davvero molto difficile, la vita del transessuale. Vivere la propria sessualità in modo psicologicamente diverso da quello che mostra la nostra corporeità è senza dubbio una condizione che crea grave disagio in una persona. Si percepisce una frattura interiore, una mancanza di unità tra il proprio essere e i propri sentimenti, tra corpo e mente, tra psiche e corpo, che rende scomoda la convivenza con se stessi e dentro di sé, come spesso è stato fatto. di interviste. , che ha preceduto il processo di riassegnazione di genere. Chi si sente rinchiuso in un corpo che non corrisponde più alla propria percezione di sé, ai propri desideri, ai propri istinti sessuali, sperimenta una sofferenza destinata a crescere nel tempo, a meno che non decida di affrontarla in modo deciso e radicale.
Ma ciò che colpisce nel nostro tempo è l’aumento del numero di persone che fanno tali richieste; come se si fosse creata una tendenza molto più diffusa che in passato a vivere il proprio corpo come un estraneo con cui è difficile capirsi e capirsi. Una disarmonia profonda e contagiosa che coinvolge un numero crescente di persone. Un fenomeno sociale e culturale statisticamente significativo che solleva interrogativi urgenti, che non possono essere soddisfatti con risposte affrettate. Come è successo in Inghilterra con il caso di Keira Bell, che ha subito un intervento chirurgico di riassegnazione precoce del sesso, di cui si è pentita e per la quale ha sporto denuncia alla Tavistock Clinic di Londra. Causa che regolarmente la portava via, dimostrando che all’età in cui si è sottoposta all’operazione non era in grado di dare un consenso informato e informato.
Legislazione italiana
È interessante ripercorrere alcune fasi della legislatura italiana su questo tema, per capire come negli anni la normativa sia diventata sempre meno severa, lasciando sempre più spazio alla soggettività individuale, ma allo stesso tempo rendendo sempre più difficile verificare le due condizioni essenziali del cambiamento di sesso: la consapevolezza del processo che avrebbe avuto luogo e delle sue conseguenze nel tempo.
1) In Italia il cambio di sesso e genere è autorizzato dalla legge n. 164: “Norme per correggere l’attribuzione del sesso”. Questa stessa legge non prevedeva norme attuative, quindi – ancora oggi – il procedimento giudiziario è frutto di un’interpretazione generalmente condivisa, che però lascia ampie lacune, su cui sono intervenute successive leggi e un’importante sentenza della Corte Costituzionale. Quando la legge è stata promulgata circa 40 anni fa, la persona che intendeva cambiare sesso doveva richiedere un appuntamento personale presso una struttura specializzata, che offriva servizi per iniziare un corso la cui durata era totalmente soggettiva. Al termine di questo processo, doveva chiedere al tribunale competente la sua autorizzazione e solo allora avrebbe potuto legalmente ottenere una nuova attribuzione di genere e ottenere un cambio di nome. Prima di iniziare questo processo, la persona dovrebbe essere informata di tutte le procedure e terapie disponibili, i possibili rischi che hanno comportato, l’irreversibilità di alcune di esse, al fine di poter esprimere il consenso informato scritto durante il percorso. , in accordo con gli specialisti che hanno prescritto il trattamento. La legge 164/82 prevedeva quindi due diverse procedure: una per l’ottenimento dell’autorizzazione agli interventi medico-chirurgici, l’altra per la richiesta di rettifica dei documenti di identità.. La decisione è stata assunta dal tribunale in composizione collegiale con sentenza pronunciata.
2) La Legge 164/1982 è stata successivamente modificata, alquanto semplificata, dall’art. 31 del D.Lgs. 150/2011, “Controversie in materia di rettificazione dell’attribuzione del sesso”, per le quali il soggetto che voglia sottoporsi al trattamento chirurgico per l’aggiustamento del rapporto sessuale caratteristiche devono presentare istanza al giudice per ottenere l’autorizzazione ad intervenire, con istanza che sarà notificata al pubblico ministero, ai figli e al coniuge. Stabilito il trattamento medico-chirurgico di riconversione sessuale, il giudice dispone direttamente il cambiamento dello stato personale, con il necessario cambiamento dei documenti di identità, per sesso e nome.
3) Successivamente, nel 2015, la Corte di Cassazione, con lodo n. 15138, dichiarato trattamento chirurgico di demolizione degli organi sessuali non essenziale ai fini della sentenza di rettifica dell’assegnazione del sesso.
4) E la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 221/2015, ha ribadito la centralità del ruolo del giudice nel valutare l’opportunità di un intervento chirurgico, che non deve essere considerato come un presupposto per la rettifica dei documenti di identità, ma come un mezzo di tutela del diritto alla salute del soggetto, che non può essere tenuti a sacrificare la loro integrità psicofisica.
È interessante notare, soprattutto alla luce del dibattito in corso, che l’articolo 4 del 164/1982, nel testo originario, prevedeva che la pena della rettifica dell’attribuzione del sesso determinasse lo scioglimento del matrimonio o la cessazione del matrimonio. gli effetti civili successivi alla trascrizione del matrimonio religioso. Tale approccio si fondava sui principi generali sottesi alla nozione di matrimonio che, ai sensi dell’art. uno dei coniugi ha determinato lo scioglimento automatico del vincolo matrimoniale. Ma la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 170/2014, ha stabilito che il cd “divorzio forzato” ex L’articolo 4 della legge 164/1982 era contrario al diritto individuale all’autodeterminazione e al diritto dei coniugi di preservare il rapporto preesistente.
In fondo, anche in questo caso, la magistratura si è sovrapposta al ruolo legislativo del Parlamento e ha dettato nuove regole che andavano costantemente in due direzioni: attribuire alla soggettività del soggetto, ai suoi desideri, alle sue decisioni, un valore quasi normativo e semplificare le regole e le procedure in modo che siano in grado di adattarsi alle esigenze soggettive e non viceversa.
Sedicenne lucchese con il consenso dei genitori cambia sesso
Nel clima culturale in cui viviamo, preparato dal sapiente susseguirsi di regole e interventi giudiziari che vanno tutti nella stessa direzione, non stupisce che un adolescente di sedici anni, con l’accordo dei genitori, abbia ottenuto il nuova identità e la rettifica dell’albo dei giudici. Si tratta della seconda condanna del genere pronunciata in Italia, dopo un’analoga condanna pronunciata dal tribunale di Genova nel 2019. Per essere riconosciuta come una ragazza, questa, non essendo più un ragazzo, non dovrà subire alcun intervento chirurgico. . Basta la sua volontà e la sua autodichiarazione: mi sento donna e voglio vivere da donna; è quanto affermano alcune sentenze della Suprema Corte e della Corte Costituzionale. Opera se vuole e se ne ha bisogno per raggiungere il suo equilibrio psicofisico. Ma la sua volontà è stata sufficiente fino ad oggi. E forse è proprio meglio così, perché l’intervento avrebbe reso impossibile ogni ulteriore rettifica, se avesse cambiato idea, come è ancora possibile, e avrebbe reso irrevocabile ogni decisione.
Ancora una volta, però, il vero dilemma sta nella questione fondamentale e riguarda il suo consenso, seppur supportato dal parere dei suoi genitori. Fino a che punto un adolescente, a 16 anni nel bel mezzo di una crisi adolescenziale anche sul piano ormonale, affettivo, emotivo, è in grado di comprendere tutte le conseguenze e la portata della decisione che prende riguardo alla sua sessualità: è il vero nodo. Il ragazzo ha seguito un protocollo specifico per dimostrare la sua disforia di genere, ma è proprio la sua disforia che avrebbe dovuto richiedere più tempo e spazio per pensare prima di decidere, sollevando i genitori da una responsabilità che solo il tempo dirà se è stato assunto, anche nella loro caso, in piena coscienza o sulla scia di un movimento culturale sempre più insistente.
Il percorso verso il cambiamento dell’identità di genere è complesso, poiché coinvolge più livelli, medico, psicologico, giuridico e giudiziario. Ma di fronte ai recenti orientamenti giurisprudenziali, ognuno ha ora il diritto di scegliere la propria identità di genere in base alla propria percezione della propria sessualità. Le caratteristiche anatomo-fisiologiche assegnate dalla natura non costituiscono più un ostacolo insormontabile al cambiamento. Nella sentenza del tribunale di Lucca di pochi giorni fa si legge: “Il nome verrà quindi cambiato da uomo a donna su tutti i nuovi atti con effetto immediato e per l’operazione definitiva i giudici hanno voluto richiamare il rigido protocollo da seguire e il fatto che il minorenne non abbia fretta di eseguirlo, visto il cambio di registro immediatamente previsto nella sentenza.Almeno la sua integrità fisica in questo momento è salva, in caso di altre e successive decisioni, che possano intercettare una diversa valutazione delle proprie emozioni, sentimenti, idee e valori”.
Sedici anni sono davvero troppo pochi per scommettere sul proprio futuro in un momento di evidente e forte disagio. Ma le perplessità maggiori riguardano le sentenze delle sentenze che, in maniera decisamente più accelerata rispetto allo stesso Parlamento, hanno aperto la strada a processi che meritano di essere trattati in base al principio di precauzione e alla luce di «un’etica del responsabilità che impone anche estrema cautela nel dibattito pubblico, per evitare che vicende umane così delicate diventino pretesto per ideologie politiche contestabili e francamente inaccettabili.
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