Londra dopo Brexit, italiani fuorilegge? Un mese fa per ottenere lo status di straniero residente – Corriere.it

dal nostro corrispondente
LONDRA – È una bomba a orologeria che minaccia di mandare all’aria l’esistenza di decine di migliaia di cittadini italiani che vivono in Gran Bretagna. Tra un mese, il 30 giugno, scadrà il termine per richiedere il “settled status”, lo status di “settled” che dopo la Brexit è obbligatorio per continuare a risiedere legalmente nel Regno Unito: per chi non riesce il 1 luglio scatterebbe una trappola che porterebbe alla perdita del diritto alla salute, al lavoro e alla casa. E in casi estremi, può portare alla deportazione, anche se hai vissuto oltre la Manica per venti o trent’anni.

È prima di tutto un problema di numeri, che riguarda tutti i cittadini europei. All’epoca della Brexit si riteneva che 3 milioni di persone nell’Unione vivessero in Gran Bretagna: ma gli ultimi dati diffusi dall’Home Office britannico rivelano che 5 milioni hanno già chiesto lo “status di regolamento”. Di conseguenza, la presenza degli europei è stata enormemente sottovalutata.


La comunità

Prima della Brexit, il bilancio per gli italiani era una forte comunità di 700.000 persone, solo la metà delle quali è iscritta al nostro consolato: ma ad oggi solo 500.000 dei nostri connazionali hanno presentato domanda di “status risoluto”. I diplomatici della nostra ambasciata spiegano che in realtà, di questi 700.000, molti avevano anche la nazionalità britannica (e quindi non avevano bisogno di “status risoluto”), mentre molti altri sono tornati in Italia a causa della pandemia. Ma sarebbe curioso scoprire che mentre la presenza degli europei in generale è stata completamente sottovalutata, quella degli italiani è stata esagerata.

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“Con il numero effettivo di cittadini Ue in Gran Bretagna sconosciuto – si spieghi a ‘3million’, l’organizzazione che rappresenta gli immigrati nell’Ue – il governo non saprà chi ha mancato la scadenza del 30 giugno. La campagna di informazione ufficiale è di portata limitata e molti cittadini europei non sono a conoscenza dei cambiamenti nella loro situazione giuridica”. Dimitri Scarlato, rappresentante italiano di “3millions”, ritiene che Il 5% per cento degli italiani potrebbe non rispettare la scadenza: una piccola percentuale, ma che si traduce in decine di migliaia di persone. “Molti non conoscono la normativa – spiega Scarlato – o non hanno i documenti in regola. Poi ci sono molti anziani, che magari sono qui da sempre, che pensano di stare già bene e di non avere niente da fare. Eppure non è così”.

In regola

Le conseguenze rischiano di essere gravi. Dal 1 luglio i datori di lavoro sono tenuti a verificare che il proprio personale sia in regolain caso contrario, sarebbero accusati di assumere “immigrati clandestini”. I proprietari dovrebbero anche assicurarsi che gli inquilini abbiano il diritto di vivere in Gran Bretagna prima di affittare un appartamento. E in realtà i problemi sono già iniziati: nella confusione giuridica, piccole imprese o proprietari, non sapendo come regolarsi, hanno cominciato a rifiutare gli europei. E le difficoltà sono esacerbate dal fatto che lo “status transattivo” non consiste in un documento fisico, ma è solo digitale: e quindi a volte può essere difficile dimostrarlo.

Per questo l’organizzazione “3million” ha chiesto di prorogare la scadenza del 30 giugno, o almeno di minimizzarne l’impatto. E la richiesta di proroga è stata rilanciata nei giorni scorsi anche dal governo autonomo scozzese: “I cittadini europei hanno mancato la scadenza – ha affermato Jenny Gilruth, ministro per l’Europa nel governo di Edimburgo – non potranno lavorare, studiare, ricevere aiuto, guidare un’auto o aprire un conto in banca: la loro vita cambierà. Sappiamo che migliaia di persone devono ancora presentare domanda: chiedo al governo del Regno Unito di prorogare la scadenza.’

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Flessibilità

Ma è una posizione che per il momento non sembra essere condivisa dal governo italiano: quella della proroga “è una domanda sovradimensionata”, afferma il sottosegretario agli Esteri Benedetto della Vedova, che nei giorni scorsi si è recato a Londra per incontrare, tra gli altri, il ministro britannico responsabile del Settlement Scheme. “Abbiamo sollevato la questione di cosa accadrà dopo il 30 giugno – spiega Della Vedova – e ci auguriamo che gli inglesi stiano gestendo la situazione con pragmatismo e flessibilità. Tale termine non è da considerarsi definitivo. in tutti i casi”.

Il governo italiano non esclude la possibilità di coordinarsi con altri Paesi europei agire di concerto. Ma sperare nella flessibilità degli inglesi può sembrare rischioso, se si guarda a come hanno iniziato a implementare il nuovo regime di immigrazione: chi arriva ora dall’Europa senza visto viene arrestato, “avvolto” e rimandato indietro senza tanti complimenti. La caccia al “fuorilegge italiano” partirà dal 1 luglio?

31 maggio 2021 (modificato 31 maggio 2021 | 21:59)

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