Desiree Mariottini, frase e tappe della storia

Desiree Mariottini, la condanna è arrivata a quasi tre anni dai fatti nel processo per la morte del sedicenne di Cisterna di Latina, trovato senza vita il 19 ottobre 2018 dopo essere stato maltrattato in un edificio abbandonato in via dei Lucani nel quartiere San Lorenzo A Roma. Due ergastoli e altre due condanne a 27 anni e 24 anni e mezzo: così hanno deciso nella sentenza i giudici della Terza Corte d’Assise di Roma. Mamadou Gara e Yusef Salia condannati all’ergastolo. Condannato a Brian Minteh, 24 anni e mezzo (che torna però libero per la scadenza dei termini di custodia cautelare), all’età di 27 anni Alinno Chima. Le accuse contro di loro vanno, a seconda della posizione, a omicidio volontario, violenza sessuale aggravata e trasferimento di droga a minori. Ecco le fasi principali della storia:


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18-19 ottobre 2018: nella notte, il corpo senza vita di Desiree, abbandonato su un lettino con sopra una coperta, viene ritrovato all’interno dell’edificio abbandonato di via dei Lucani, a San Lorenzo, Roma. Una storia di droga, fragilità e decadenza, che ha lasciato sgomenti i romani.

25 ottobre 2018: i carabinieri della brigata mobile di Roma e della questura di San Lorenzo arrestano due senegalesi, clandestini in Italia: Mamadou Gara e Brian Minteh. I due uomini sono ritenuti responsabili, insieme ad altre due persone ricercate, di violenza sessuale di gruppo, trasferimento di droga e omicidio. Scattano nelle ore successive gli altri due arresti: Alinno Chima, 47 anni, e Yusef Salia si ritrovano ammanettati. Intanto iniziano a delinearsi i contorni della vicenda. La 16enne sarebbe rimasta incosciente per diverse ore prima di morire: la ragazza è stata drogata nel pomeriggio del 18 ed è stata maltrattata mentre era svenuta.

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13 novembre 2018: La Corte di Revisione fa cadere l’accusa di omicidio per Alinno Chima: secondo il giudice, l’uomo ha violentato Desiree ma non le ha somministrato droga.

15 aprile 2019: torna l’accusa di omicidio per Chima. Per il nigeriano, la nuova misura cautelare arriva dopo i risultati del test del Dna effettuato sul corpo del 16enne e su una serie di rilievi. Il DNA dell’uomo è stato trovato su una bottiglia di metadone e su una cannuccia usata anche da Desiree per fumare crack.

21 giugno 2019: la Procura di Roma chiude le indagini, svolte dagli agenti della brigata mobile e coordinate dal sostituto procuratore Maria Monteleone e dal pm Stefano Pizza. Alinno Chima, Mamadou Gara dit Paco, il ghanese Yusef Salia e il senegalese di 43 anni Brian Minthe sono accusati di complicità in omicidio intenzionale, violenza sessuale di gruppo e trasferimento e somministrazione di droga a un minore.

8 ottobre 2019: nel corso dell’udienza preliminare, il Comune di Roma, la Regione Lazio, Telefono Rosa e le associazioni “Insieme a Marianna” e “Non ti preoccupare – Possiamo Onlus” si sono costituite parte civile. In un incidente probatorio, un testimone riferisce che gli imputati hanno impedito loro di chiedere aiuto per aiutare la ragazza. Il teste, che si trovava all’interno dello stabile di via dei Lucani, è stato chiamato a confermare con un insostituibile atto preliminare quanto già detto nel corso delle indagini ad inquirenti e inquirenti, ovvero che avrebbe voluto chiamare l’ambulanza ma gli è stato impedito dal sospetti.

21 ottobre 2019: a poco più di un anno dalla morte della ragazza di 16 anni, il gup di Roma Clementina Forleo consegna alla giustizia i 4 cittadini africani: secondo l’accusa avrebbero a loro volta maltrattato la giovane dopo averle preso una mistura di droga che ne ha causato la morte.

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4 dicembre 2019: si apre il processo per l’omicidio di Désirée Mariottini. In aula parla Yusef Salia: “Non sono responsabile della morte di questa ragazza, chiedo perdono e perdono alla madre e alla famiglia e rispetto il loro dolore” ha detto annunciando che ritirerà la denuncia presentata contro i genitori di la ragazza il 16 per mancata sorveglianza della giovane.

15 gennaio 2020: la terza Corte d’Assise decide di proseguire il processo che si svolge nell’aula del bunker di Rebibbia a porte chiuse: una scelta legata alla minore età della vittima e alla tipologia di reati attribuiti all’imputato.

27 gennaio 2020: la Cassazione conferma il carcere di Alinno Chima, anche alla luce dei “risultati degli accertamenti tecnici su campioni biologici” da cui emerge “l’evidenza della somministrazione di sostanze stupefacenti alla vittima da parte dell’indagato, in particolare per quanto riguarda le preoccupazioni metadone, «la cui overdose è stata individuata dai consulenti come la probabile causa della morte della ragazza». In aula, intanto, è intervenuto Gianluca Zuncheddu, il padre di Désirée: «Ho cercato di salvarla ma non ci sono riuscito “, ha detto in lacrime.

14 novembre 2020: dalla stanza del bunker di Rebibbia, il processo si sposta sul luogo del delitto, con un sopralluogo di pm e avvocati, durato più di due ore, nell’edificio abbandonato di via dei Lucani, dove è deceduta Désirée. A loro volta, indossando mascherina e guanti per le norme anticontagio, pm, giudici, avvocati di parte civile, difese e agenti della Polizia di Stato che hanno condotto le indagini visitano l’interno dell’edificio, sotto sequestro da due anni, osservano i luoghi dove i fatti avvenuti e poterli confrontare con quanto dichiarato dai testimoni.

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14 dicembre 2020: il sostituto procuratore Maria Monteleone e il pm Stefano Pizza chiedono l’ergastolo per i quattro imputati con l’isolamento per un anno. L’assoluzione di Gara è stata chiesta solo con l’accusa di trasferimento di droga e induzione alla prostituzione. Veniamo quindi alla sentenza emessa stasera.

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