La crisi dei microchip blocca l’hub Stellantis di Melfi a settembre

Per le fabbriche italiane di Stellantis, questa è la più grave crisi dei semiconduttori mai registrata. Una sorta di “tempesta perfetta” che ha colpito prima Pomigliano, poi il polo Sevel di Atessa e che ora ha bloccato anche la riapertura di Melfi, il più grande degli stabilimenti del Gruppo in Europa. Le previsioni per settembre sono fosche: la riapertura rinviata al 13 settembre, la produzione potrà essere garantita solo per cinque giorni, poi bisognerà fermarsi per mancanza di componentistica elettronica. Le difficoltà di approvvigionamento lungo tutta la catena di approvvigionamento minacciano quindi un settore che fatica a riprendersi dalla pandemia.

La carenza di semiconduttori rischia poi di sconvolgere gli equilibri interni della stessa fabbrica, dove è in vigore il contratto di solidarietà per oltre 7.000 dipendenti. La chiusura forzata di settembre potrebbe portare a una sospensione del CDS per passare al licenziamento ordinario, per poi riconsiderare la situazione da fine settembre. La stessa organizzazione del lavoro su 18 squadre dovrebbe aumentare gradualmente a 15, senza lavoro nei fine settimana.

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Nel 2020, la sola produzione di Melfi ha rappresentato la metà delle vetture prodotte da Stellantis in Italia, come rivela l’ultimo rapporto Fim-Cisl. Il dato è confermato anche nel primo semestre del 2021, con all’attivo il 46,3% delle vetture prodotte negli stabilimenti italiani. In valore assoluto si tratta di 112.976 vetture, con un incremento della produzione per lo stabilimento lucano, da gennaio a giugno, del 37,5% rispetto al 2020, ma comunque inferiore al 26% rispetto al primo semestre 2019, il pre-covid, dove la produzione ha raggiunto le 152.767 unità.

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Complessa anche la situazione a Sevel, dove questa settimana i sindacati decideranno la data dell’annunciato sciopero contro il rischio di mancato rinnovo del contratto per circa 700 dipendenti. Si tratterebbe del primo sciopero unitario su occupazione e prospettive future all’interno del Gruppo, dopo la firma del contratto collettivo aziendale che aveva di fatto diviso il fronte sindacale.

Cadono poi a cascata gli effetti della mancanza di componentistica elettronica sugli indotto e sugli stabilimenti motori, con già in queste ore notizie relative al rallentamento della produzione di motori nello stabilimento di Termoli.

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