Da regina dell’austerità a “risparmiatrice”. Ecco il voltafaccia dell’Olanda di Rutte

Alla fine, come nel capolavoro di Agatha Christie, nessuno dei nove piccoli frugali rimarrà. I campioni dell’austerità dura e pura, i difensori del Santo Graal delle regole fiscali e dell’ortodossia di bilancio, stanno perdendo a poco a poco. Non semplici pedine sulla scacchiera su cui si giocherà la partita del Patto di stabilità, ma veri sbandieratori del rigore, quelli che hanno sbagliato, hanno fatto inciampare gli avversari con il loro debito incontenibile. Ora l’Olanda si arrende. Austerità “kapot”, morte. Un crollo per chi, a dispetto di ogni principio di solidarietà, si era opposto al Recovery Fund; e, peggio ancora, ha fatto finta di mettere il naso nei conti dei Paesi del Sud quando la pandemia, con i suoi conti cimiteriali costantemente aggiornati, aveva raggiunto il culmine.

Oggi, però, si recita il mea culpa: il nuovo governo guidato da Mark Rutte, assicura il Financial Times, promette un aumento senza precedenti della spesa pubblica. Stringhe della borsa aperta, come qualsiasi altro paese che spende Club Med. “Negli ultimi 10 anni – ricorda il FT – i Paesi Bassi sono stati definiti il ​​leader europeo dei frugali che si sono opposti ai budget più espansivi del blocco ea un sistema di ripartizione del rischio di bilancio nella zona euro”. E, aggiungiamo, la nazione che principalmente sostenne il ministro delle Finanze tedesco dell’epoca, Wolfgang Schaeuble, nell’opera di furore finanziario contro una Grecia già ridotta all’estremo.

Ma i tempi cambiano, e ad Amsterdam devono essersi sentiti orfani della dura e pura Germania di un tempo, quella di Angela Merkel capace di imporre, con slancio calvinista, il pareggio di bilancio non solo in casa sua, ma anche in quelle di altri. . Come una stampella colpita da un calcio, il sostegno sul fronte tedesco è fallito: la coalizione semaforica guidata da Olaf Scholz intende rilanciare il motore dell’Europa con l’aiuto di politiche espansionistiche. Anche il liberale Christian Lindner, un tempo a capo del ministero delle finanze, ha rinunciato ai propositi bellicosi che erano stati la pietra angolare della sua campagna elettorale. Berlino non è più austera, gli olandesi devono essersi sentiti circondati. Da Italia, Francia e Spagna che spingono per una riforma radicale del Patto di stabilità e chiedono l’eliminazione del parametro del 60% del rapporto debito/Pil; e dalla BCE ancora più determinata a mantenere una politica monetaria espansiva ora che Jens Weidmann, capo della Bundesbank, ha deciso di dimettersi. Circondato e solo. Anche l’Austria si è rivolta all’aumento della spesa pubblica dopo aver costretto al ritiro Sebastian Kurz, indagato per favoreggiamento alla corruzione e appropriazione di fondi pubblici. Le dimissioni dell’ex bambino prodigio dalla carica di cancelliere hanno creato un effetto valanga, portando all’ex titolare dell’Economia, Gernot Bluemel. In occasione delle discussioni su EU Next Generation, ha chiesto il ricorso al fondo di salvataggio Esm ea novembre all’Ecofin ha dichiarato che Vienna è “contraria” ad “altre eccezioni” alle regole sui conti pubblici europei. Un altro piccolo frugale che ha preso la strada degli indiani di Agatha Christie.

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