Legalizzare il suicidio assistito viola anche la protezione della vita

La legalizzazione del suicidio assistito è talvolta presentata come un “male minore”, che può aiutare a prevenire la legalizzazione dell’eutanasia. Questo ragionamento è altamente discutibile.

Un vento minaccioso soffia sull’Italia da diverse settimane. Sono stati fatti tentativi per forzare la legalizzazione del suicidio assistito tramite referendum. Tuttavia, il 15 febbraio, questo è stato rimosso dalla corte costituzionale. Molti, compresi i portavoce della Chiesa italiana, sono stati sollevati.

Tuttavia, il caso non è ancora concluso, poiché il Parlamento sta ancora lavorando a un disegno di legge per legalizzare il suicidio assistito.

In contrasto con la legge

L’intero movimento è iniziato con il caso di Fabiano Antoniani. È diventato completamente paralizzato e cieco dopo un incidente stradale nel 2014 e ha cercato invano modi per porre fine alla sua vita. Alla fine è andato in Svizzera per suicidarsi sotto sorveglianza.

L’assessore, Marco Cappato, è membro di un’associazione che promuove la legalizzazione del suicidio assistito. Fu accusato di complice, ma alla fine assolto: avrebbe agito secondo una volontà di suicidio presa in piena autonomia e libertà. Ciò si è scontrato con la legge italiana che criminalizza sia l’eutanasia che il suicidio assistito.

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L’anno scorso è stata presentata una richiesta di referendum per valutare se in Italia sia giunto il momento di legalizzare l’eutanasia. Con oltre 750.000 firme, a fine dicembre 2021 è stata presentata al parlamento una richiesta per studiare prima la possibilità di legalizzare il suicidio assistito. È per ora in attesa lavoro.

dire “A” e “b”

Uno sembra aprire la strada all’altro. Legalizzare l’eutanasia a determinate condizioni sembra ancora andare troppo oltre in Italia, quindi stiamo cercando di creare un’apertura per passare prima attraverso il suicidio assistito.

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Tuttavia, anche il passaggio successivo sarà molto facile da compiere, perché chi dice “a” sta già dicendo “b” in questo caso. Dopotutto, entrambi i casi comportano l’uccisione di un essere umano e quindi una violazione della protezione della vita, anche se le circostanze sono diverse e si applicano anche altre condizioni.

Uno in meno

Ovviamente ci sono state reazioni immediate. Anche nella rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica† Non è il portavoce ufficiale della Chiesa in Italia, ma secondo gli addetti ai lavori è controllato dalla Segreteria di Stato vaticana.

La posizione di padre Carlo Casolone sj, già superiore provinciale e medico lui stesso, ha suscitato stupore e su di lui si possono porre serie domande. Scrive che forse il suicidio assistito può essere considerato un male minore dell’eutanasia, e quindi sarebbe meglio sostenere questo disegno di legge per impedire alle persone di fare il passo verso la legalizzazione dell’eutanasia.

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La scelta del male minore è ovviamente plausibile, se non si tratta di azioni che dovrebbero essere chiamate male intrinseco. Ma è sia suicidio che eutanasia.

Non è una condanna delle persone che si suicidano o che muoiono per eutanasia. Sappiamo dalla salute mentale che a volte le persone possono essere così devastate da non vedere altra via d’uscita che il suicidio. E anche con l’eutanasia, capisco che la sofferenza può influenzare le persone in modo tale da vedere la loro situazione come senza speranza.

Abbattere la disperazione

Ma spetta proprio ai caregiver in questi casi cercare con le persone interessate come uscire dalla disperazione e cercare di dare una prospettiva. Nelle persone che contemplano il suicidio, questo è normalmente ciò che provano anche in terapia, mentre con il suicidio assistito tendono una mano ‘aiutante’ completamente diversa… Il contrasto è strano, ma a parte questo.

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La vera domanda è se esiste una tale differenza tra eutanasia e suicidio assistito. In entrambi i casi, la morte è indotta artificialmente, direttamente o indirettamente con l’aiuto di un terzo che fornisce o addirittura somministra un farmaco – nel caso dell’eutanasia. Il risultato è lo stesso. Parlare qui di un male minore per prevenire un male maggiore, a mio avviso, non regge affatto.

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Se la Chiesa rifiuta di partecipare alla discussione e continua a opporsi a qualsiasi forma di interruzione artificiale della vita, rischia di essere emarginata, secondo Casolone, privandosi della possibilità di giungere eventualmente a un compromesso etico. Ma è possibile un compromesso etico nel contesto attuale? La Chiesa non si discosta dunque fondamentalmente da ciò che finora ha ritenuto non negoziabile: il rispetto dell’assoluta protezione della vita dal concepimento alla morte naturale?

Non dovremmo sederci in disparte e continuare a ripetere che le tendenze attuali non servono affatto la comunità? Piuttosto, sono le conseguenze perniciose di un individualismo sempre più crescente, che sostituisce alla tutela della vita un’autodeterminazione assoluta e non più manipolabile. Così il più nobile dell’uomo, la sua stessa vita, è subordinato e perfino sacrificato.

piano inclinato

Stiamo attenti e difendiamoci, per non farci trascinare in questa logica. La volontà di chiedersi se il suicidio assistito non sia una via d’uscita in determinate circostanze è un trabocchetto, in cui si finisce su un pendio scivoloso verso la relativizzazione ultima del valore protettivo di tutta la vita. Chi dice ‘a’ dirà involontariamente ‘b’ qui.

Fra René Stockman è Superiore Generale dei Fratelli della Carità.

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