La decisione ha visto un confronto difficile all’interno dell’esecutivo il quale, ancor prima dell’inizio della votazione, ha registrato le dimissioni dell’attuale ministro delle Costruzioni Yacoov Litzman, contestato ex ministro della Salute. Ora ci sono timori di ripercussioni per la maggioranza, poiché anche Liztman ha annunciato che il suo partito, United Torah, potrebbe lasciare la coalizione.
Primo paese al mondo a reintrodurre il blocco, Israele ha registrato un netto aumento dei contagi che superano addirittura i quattromila al giorno. Vari direttori ospedalieri, come ha ricordato Netanyahu, hanno avvertito che le strutture potrebbero presto saturarsi e le ricadute sarebbero gravi. Il ministro della Salute Yuli Edelstein, che ha dovuto lavorare sodo per superare le barriere erette dai religiosi, ma anche da altri ministri come le Finanze, Israel Katz, che ha avvertito dell’impatto del blocco su l’economia stimata intorno ai cinque miliardi di euro.
Restrizioni religiose e professionali – Nella sua lettera di dimissioni al primo ministro, Litzman ha sottolineato che il blocco avrebbe impedito agli israeliani di partecipare ai servizi del Capodanno ebraico e dello Yom Kippur. Tra i provvedimenti, infatti, ci sarebbe la previsione che i fedeli nelle sinagoghe siano presenti in proporzione alla capienza delle strutture e che ci possano essere un massimo di venti fedeli per le preghiere all’aria aperta. Sono state introdotte limitazioni anche per il lavoro, sia pubblico che privato. Tuttavia, in vista delle festività religiose, i supermercati saranno aperti e saranno consentite le consegne a domicilio.
Ci sono restrizioni sui raduni: massimo dieci persone all’interno e venti all’esterno. Anche gli hotel e i centri commerciali sono chiusi. Gli israeliani non potranno andare oltre i 500 metri dalle loro case, con poche eccezioni. “Queste non sono le feste a cui siamo abituati”, ha detto Netanyahu. “Se giochiamo secondo le regole – ha proseguito – sono convinto che batteremo il virus. Vedo arrivare il vaccino”. Il primo ministro israeliano, tuttavia, ha respinto le critiche secondo cui il suo governo non è stato in grado di far fronte alla pandemia, definendola “populismo”. Al contrario, ha rilanciato, sostenendo che il populismo e la pressione erano responsabili del ritardo delle decisioni del governo per contrastare la pandemia.
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