Questa “mano” che ha fermato la “vera” riforma di Ratzinger

È facile parlarne Joseph ratzinger come un pontefice ancora che ha avuto poco impatto sugli equilibri della curia romana. Allo stesso modo, è facile giudicare il pontificato di Benedetto XVI come un semplice momento di passaggio nella storia della Chiesa cattolica. Quello di a Benedetto XVI debole e priva di ambizioni riformiste è una vulgata comune che non corrisponde alla verità. Allo stesso modo, liquidare il regno di Ratzinger come breve o privo di significato è tipico delle ricostruzioni progressive.

Questo tipo di storia, centrata o meno sulla “debolezza”, non vale solo per il “gentile teologo” di Tubinga: si dice che papa Luciani abbia voluto chiudere Ior, ma che la sua morte prematura ha impedito al primo Giovanni Paolo di poter almeno lavorare verso questo obiettivo. Ma soprattutto si racconta la dolcezza di Luciani. E Francesco? Jorge Mario Bergoglio ha iniziato il suo pontificato chiedendosi se la Chiesa cattolica avesse davvero bisogno di una “banca”. Per ora lo IOR è ancora lì.

Il “Finanze vaticane” sono sempre stati un argomento utile per chiarire quali sono le vere intenzioni programmatiche di un papa, oltre che una giusta causa di “scandali”. Quelli con cui si sono occupati in particolare gli ultimi quattro Papi. Ratzinger e Bergoglio hanno stili di comunicazione e priorità pastorali differenti, ma spesso sono accomunati da esperti per un’intenzione che li riguarda entrambi (che per i critici di Bergoglio è più spesso assunta o in tutti casi da verificare): la situazione economica e finanziaria della Santa Sede e dei suoi istituti è trasparente. È un desiderio che vale sia internamente, con questa trasparenza che deve necessariamente riguardare le “banche” vaticane, sia all’esterno, come ad esempio per i rapporti tra lo IOR, che non è un vero “ banca”. “Ma un istituto per opere di religione e istituzioni finanziarie comunemente intese. Coloro che operano all’interno e oltre i confini di altri stati.

La “battaglia” interna per la legge antiriciclaggio

Tra voci e allusioni non corroborate dai fatti (le teorie del complotto sono sempre dietro l’angolo quando si parla di “cose ​​del Vaticano”), è comunque certo che Joseph Ratzinger abbia cercato di fare qualcosa di mai provato. . La stessa operazione che François avrebbe cercato di realizzare: un’opera di riforma globale in materia economica e finanziaria. Torniamo indietro. Era il 2009 e il pontefice tedesco lo aveva appena nominato Ettore Gotti Tedeschi alla presidenza dello IOR. Una figura di spicco, poi dimessa dai sacri palazzi, probabilmente non per ordine di Benedetto XVI. Infatti, le nostre fonti (e non solo queste) affermano che Joseph Ratzinger ha semplicemente ascoltato la notizia, insomma, quando l ‘“espulsione” era già avvenuta.

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Un altro dei protagonisti di questi passaggi storici è stato il cardinale Attilio Nicora, scomparso nel 2017 e che, sotto il regno di Benedetto XVI, ha ricoperto la carica di primo presidente dell’Autorità di informazione finanziaria, entità che l’allora Papa aveva deciso di creare. Il ruolo di Nicora avrebbe dovuto essere decisivo nella battaglia di Ratzinger per la trasparenza all’interno delle Mura Leonine. E l’Aif non avrebbe dovuto sottomettersi ad altri “poteri” o al controllo diretto o indiretto di una segreteria della Santa Sede. Qualcosa, però, non sembra essere andato come avevano scelto il cardinale e altri. E il “genitore” finirebbe per essere “controllato”.

Quest’ultimo, almeno, è un elemento che deriva sempre dalle riflessioni delle nostre fonti. Veniamo per un momento alla notizia:“Possiamo parlare di fallimento recentemente rivelato a noi Don Nicola Bux, ex collaboratore di Ratzinger al vecchio Sant’Uffizio e altrove – . Ma nessuno dei cortigiani e degli opportunisti potrà sfuggirgli: non tanto per l’origine dei soldi del Pence de Saint-Pierre, dei fondi CEI, ecc., E nemmeno per il fatto che Becciu aveva già destato sospetti sul operazioni da lui svolte, fino alla costruzione a Londra, ma per essersi opposto alla legge antiriciclaggio voluta da Benedetto XVI e per aver restituito il presidente IOR Gotti Tedeschi e il card. Nicora “. C’è stata qualche opposizione che ha impedito l’attuazione della riforma di Ratzinger? Monsignor Becciu – il grande ecclesiastico al quale Bergoglio ha privato le facoltà cardinalizie – faceva parte di un “berretto” curiale capace di limitare l’azione del Papa?

Quello che avrebbe voluto Benedetto XVI per le “finanze vaticane”

Poiché è praticamente impossibile capire se questo “tappo” esista davvero o meno, è opportuno chiedersi quale fosse lo strumento che Benedetto XVI aveva individuato affinché la situazione delle istituzioni economiche e finanziarie tendesse a migliorare. Una legge. In particolare, una macro fattura che ha toccato diversi ambiti, dalla procedura alla sanzione. Qualcosa che avrebbe equiparato i “conti” vaticani e la loro gestione a regolamenti internazionali. Il pacchetto ha preso il nome di “legge antiriciclaggio”, e in questi giorni sembra che ci sia chi vede nell’interruzione della parabola ratzingeriana riformista una delle chiavi, se non la “chiave”, per interpretare la ” catastrofi “di oggi. Quelle che le notizie di questi giorni, che non riguardano però lo IOR, hanno fatto emergere.

Se non altro perché, a un certo punto, questa legislazione ha cessato di essere (almeno in parte) la stessa degli uomini della “guida” di Benedetto XVI – in particolare il cardinale Attilio Nicora e il uomo che era stato scelto per la presidenza dello IOR, cioè Ettore Gotti Tedeschi – lo avevano immaginato in primo luogo. Perché? Per una modifica legislativa che non era stata prevista e che forse non era nemmeno stata prevista. Se c’è mai stato un momento in cui il “tappo” è stato rivelato, è proprio questo. L’atteggiamento di Ratzinger sulle finanze del Vaticano, e più in generale sul rapporto tra la Chiesa cattolica e il denaro, può essere riassunto anche nel pensiero relativo alla “tassa ecclesiastica” della Chiesa tedesca: “ …gli esempi storici mostrano che emerge più chiaramente la testimonianza missionaria di una Chiesa distaccata dal mondo. Liberata da gravami e privilegi materiali e politici, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo ”. Ratzinger era, insomma, per la semplificazione e la trasparenza.

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Modifiche al progetto iniziale

Secondo Questo articolo pubblicato all’epoca il Il Corriere della Sera, il legge antiriciclaggio Voluta da Ratzinger ed entusiasta dal cardinale Nicora e Gotti Tedeschi, era un affare fatto. Quindi, con alcune modifiche, alcuni principi cardinali sono stati rivisitati. Questo è vero almeno per alcuni passaggi, che, secondo i promotori di questo provvedimento, non erano però banali. Tutto sarebbe cambiato intorno a quellooppure un decreto, che ha coinvolto più di un articolo ritenuto essenziale alla struttura originaria del testo. Con questo atto legislativo i poteri ispettivi della Segreteria di Stato sarebbero stati ampliati rispetto alla versione precedente, mentre l’AIF, Autorità di Informazione Finanziaria, che era stata incaricata da Benedetto XVI come indipendente, avrebbe subito un ridimensionamento parziale.

In questa ricostruzione di Il giornale dal 2013 lo abbiamo letto “Questi poteri ispettivi previsti dalla legge 127 erano stati indeboliti, mentre l’8 marzo il Vaticano si trovava per la prima volta nella“ lista nera ”dei Paesi a rischio riciclaggio. È sempre: “… gli emendamenti a” 127 “prevedevano anche che lo scambio di informazioni con le autorità finanziarie di altri paesi fosse vincolato da un memorandum d’intesa da sottoporre per autorizzazione alla Segreteria di Stato vaticana, presieduto da Bertone “. Questo è il ruolo preminente del “Ministero degli Affari Esteri” vaticano. La “legge 127” è quella della “lotta al riciclaggio”, mentre le modifiche sostanziali sono quelle che il cardinale Attilio Nicora (ma anche gli altri giuristi ed economisti che avevano lavorato alla prima versione) non avrebbero avuto. ricevuto positivamente. In termini politici, oggi parleremmo di un “piccola mano“in grado di reindirizzare il file rapporto di un provvedimento (e remando contro l’originale progetto ratzingeriano). Anche il cardinale Nicora dell’epoca scrisse una lettera (la lettera he di fatto ha aperto il fascicolo Vatileaks) con il quale, in sostanza, ha segnalato “un passo indietro”. Un pensionamento che sarebbe dipeso da questi cambiamenti. Con questo decreto, la “battaglia” per la trasparenza – quella che Benedetto XVI, dopo le ultime fasi del pontificato di san Giovanni Paolo II – fasi durante le quali avrebbe governato principalmente il “sottobosco” curiale – aveva deciso di per intraprendere, aveva subito una battuta d’arresto. Almeno secondo l’opinione degli Iron Ratzingeriani. “Riservatezza” – il concetto prediletto del duo formato da Nicora e Gotti Tedeschi – “contro” “il segreto”, preferito piuttosto da un “tappo”: quella che alcuni vaticanisti definiscono una barriera ecclesiastica per nulla incline a cambiare.

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La strana “espulsione” di Ettore Gotti Tedeschi

Ettore Gotti Tedeschi è stato “espulso” dalla presidenza dello IOR con il voto di sfiducia del Consiglio di Sovrintendenza. Era maggio 2012. Non poteva essere che la “manina” che aveva cambiato la legge avesse messo la sua anche in questa faccenda? Difficile da dire. La stima di Joseph Ratzinger per Gotti Tedeschi è nota. Diversamente l’emerito non avrebbe coinvolto il banchiere nella stesura di quello che forse è, ancora oggi, il manifesto del pensiero socio-economico di Ratzinger: La carità nella verità. E poi qualcosa di questa storia non torna. Nel Ultime conversazioni, un libro-intervista di Peter Seewald sul e con il Papa emerito – Ratzinger sembra giustificare la scelta del cambio della guardia, ma si ha la sensazione che Benedetto XVI possa non aver capito la domanda che gli è stata posta. Forse – questo è il succo della domanda – che Joseph Ratzinger, nel rispondere, è stato scambiato per il presidente che ha preceduto lo Ior Gotti Tedeschi. E questa ipotesi può essere corroborata da quanto affermato successivamente da monsignore Georg gaenswein, segretario privato dell’ex prefetto emerito della casa pontificia: “Benedetto XVI, che aveva chiamato Gotti allo Ior per perseguire la politica della trasparenza, è rimasto sorpreso, molto sorpreso …”. E ancora, mentre leggiamo Futuro: “…La stimava e l’amava, ma per rispetto delle capacità dei responsabili, ha scelto di non intervenire in quel momento “. In conclusione, Gaenswein ha aggiunto questo “successivamente, per ragioni di opportunità, pur non avendo mai ricevuto Gotti Tedeschi, si è tenuto in contatto con lui in maniera adeguata e discreta”. Argomenti più che sufficienti – considerando il dichiarante – per affermare che Gotti Tedeschi non è stato licenziato dal pontefice tedesco.

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