Quel che è certo, del caso Achraf Hakimiè che l’Inter non ce l’aveva a disposizione in Champions e ha lasciato il campo con un solo punto. Ma ciò che ha davvero fatto arrabbiare il club è stato il tampone che ha confermato la negatività del giocatore a Covid, che 48 ore prima era stato arrestato dai controlli UEFA.. Oggi un’altra prova di verità per il ragazzo, ma, come scrive La Gazzetta dello Sport, l’Inter è pronta a tutto per proteggersi in caso di un altro tampone negativo: “Nell’eventualità, il club rifletterà su come tutelare i propri interessi a tutti i livelli e nulla è escluso, nemmeno una causa reale.: la storia insegna che la Champions si gioca sempre sul filo dei punti.
Mercoledì mattina arriverà la notifica verbale del verdetto dei campioni prelevati nel laboratorio Synlab legalmente autorizzato dalla Uefa, passaggio obbligato per giocare in Champions League. Tutto negativo, compreso Hakimi, che in quel momento ha fatto il traguardo con i suoi compagni di squadra. Alle 16:10, ecco la prima sorpresa: secondo una nuova valutazione dei risultati, Ashraf è stata considerata “debolmente positiva”.
Il risultato arrivato ieri, come si sospettava, ha dato il risultato opposto: negativo. E ha aperto un fronte imprevedibile. Ora il club sta aspettando che il suo secondo test si muova di conseguenza. Se tutto va bene, la documentazione verrà inviata ad Ats che dovrà “mettere in circolazione” Hakimi. In falso positivo tornerebbe a Conte, che nei prossimi giorni riprenderà anche Young, in definitiva negativo. Il tempo per l’esterno stringe: oggi si gioca alle 18 ed è difficile, ma non impossibile, per Achraf viaggiare in extremis per Marassi. Sarebbe certa, però, la presenza in Champions questo martedì.
I tamponi non danno mai una certezza assoluta e un debole positivo (non infettivo) può ancora diventare negativo entro poche ore. Insomma, nessuna anomalia tecnica, ma semmai, Ad infuriare l’Inter è la presunta mancanza di comunicazione in questo strano mercoledì. Il cambio di valutazione sul francobollo di Hakimi è avvenuto poche ore dopo, vicino alla fattura. Al marocchino è stato quindi concesso di stare (pericolosamente) con la squadra per ore: in teoria avrebbe potuto contagiare i compagni, con conseguenti danni materiali e sportivi. Non è bastato, visto il ritardo, non c’era più tempo per organizzare un altro test in giornata, necessario in casi così dubbi ”, conclude Rosea.
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