Nel giorno del nuovo record di contagi (24.991, 2.997 in più rispetto a martedì) e 205 morti per causa Covid, Giuseppe Conte non vuole pianificare un altro giro di vite in qualunque momento presto. Come ha spiegato alla Camera, il governo deciderà ulteriori restrizioni per contenere l’epidemia “dopo aver valutato gli effetti” del nuovo Dpcm, “entro almeno due settimane”. Da qui la smentita delle voci di un imminente serrata, fatte dal Presidente del Consiglio durante l’incontro con i sindacati.
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Ciò significa che se la curva di contagio non si stabilizza, un ulteriore irrigidimento dovrebbe iniziare da lunedì 9 novembre. E durare fino a metà dicembre, se l’epidemia viene rallentata, per salvare almeno il Natale. Shopping incluso. Tuttavia, non si esclude l’anticipazione della repressione in caso di improvviso peggioramento della situazione.
In entrambi i casi, l’ipotesi più accreditata è quella di un blocco meno severo di quello della primavera scorsa, simile a quello annunciato ieri sera dal presidente francese Emmanuel Macron (in Francia i contagi sono arrivati a 36.000): aziende, fabbriche e uffici aperti, ma tutti a casa, negozi chiusi (tranne che per i buongustai), usciamo solo per andare a lavorare o per portare i bambini agli asili nido o alle scuole elementari, per la spesa e per motivi medici. Quasi sicuramente anche lo stop agli spostamenti oltre i confini comunali e regionali e le chiusure territoriali (questa volta infallibili) nelle città più colpite dal virus. Milano e Napoli in primis. Un epilogo talmente probabile che il ministro Gualtieri ha già individuato le risorse economiche della copertina.
“È troppo presto per dire che andrà a finire così”, dice un ministro che segue il fascicolo, “vediamo prima quali effetti avranno gli ultimi provvedimenti”. Quelle che hanno portato alla chiusura di bar e ristoranti alle 18:00, cinema e teatri, palestre ecc. E ha spinto il governo ad adottare il “decreto di ristoro” di oltre 5 miliardi.
Conte alla Camera torna a spiegare le ragioni dell’ultimo Dpcm: “Queste restrizioni permettono di gestire la pandemia senza essere travolti” e “di evitare una nuova chiusa, che nuocerebbe ancora di più all’economia”. “Sappiamo che queste sono misure difficili”, ha aggiunto, “ma sono necessarie, altrimenti la curva epidemiologica andrà completamente fuori controllo”. Il monitoraggio degli aspetti positivi è già praticamente impossibile.
PERCHÉ DE LA CLOSE
Il presidente del Consiglio ha poi spiegato le basi tecnico-scientifiche del Dpcm varato dal governo, illustrando le direttive dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute che indicano le misure da adottare in funzione del grado di diffusione del virus. : “L’epidemia si aggrava rapidamente ed è compatibile, a livello nazionale, con lo scenario di tipo 3” che prevede “l’interruzione di alcune attività socioculturali maggiormente a rischio”.
Ebbene, se la situazione si fosse aggravata, portando il sistema sanitario al limite (l’altra notte con la maggioranza che raggiungeva la soglia dei 35-40mila contagi in più al giorno sarebbe stato fissato), l’Istituto Superiore di Sanità salute, il ministero della salute e il comitato tecnico-scientifico hanno individuato misure compatibili con lo scenario 4, che sarebbe una serrata simile a quella adottata tra marzo e inizio maggio, ma non per “uccidere il economia ”il governo dovrebbe rilassarsi. Obiettivo: ridurre al minimo i contatti tra familiari e amici non conviventi, che generano il 75% dei contagi, e fermare la folla su autobus e metro. Da qui l’obbligo di restare a casa, se non per esigenze lavorative o sanitarie e di accompagnare i bambini all’asilo o alla scuola primaria: una soluzione essenziale per consentire ai genitori di lavorare in modo intelligente. Una stretta che, se fossero il ministro della Salute Roberto Speranza e Dario Franceschini, rappresentanti dell’ala rigorista del governo, dovrebbe essere introdotta ben prima del 9 novembre.
Vista la situazione, il governo sta intanto bloccando chi estende la rete del Dpcm sul territorio. Il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, ha deciso di impugnare le ordinanze più permissive della provincia autonoma di Trento. E presto potrebbe toccare le misure di Bolzano e, se confermate, quelle della Sicilia.
Il blocco, tuttavia, fa paura. I sindaci di Milano e Napoli, Beppe Sala e Luigi De Magistris, hanno scritto a Speranza per sapere se il temuto blocco per le due città da parte di Walter Ricciardi, consulente del Ministero della Salute, sia “opinione condivisa” dal ministro che ha risposto: “Forniremo presto un focus specifico” per le due città. “Ora chiudere il Milan è una cattiva scelta”, ha detto Sala. De Magistris è d’accordo, ma aggiunge: “Se non c’è un rallentamento immediato dell’epidemia, il blocco è questione di giorni”. Enzo De Luca invece scrive a Conte per protestare: “Avevamo chiesto 600 medici e 800 infermieri, ma la nostra richiesta è rimasta senza risposta …”.
Ultimo aggiornamento: 00:48
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