L’universo primordiale, tra 13,5 e 10 miliardi di anni fa, brulicava di galassie: erano molto più evolute di quanto previsto dagli attuali modelli teorici, tanto da presentare spesso un aspetto simile a quelli oggi. Lo dimostrano i risultati del progetto Alpine (Alma Large Program to Investigate CII at Early Times), il più grande studio sulle galassie lontane, pubblicato in otto diversi articoli sulla rivista Astronomy & Astrophysics. Le osservazioni portano a riconsiderare le attuali conoscenze sulla formazione e l’evoluzione delle galassie.
Tra gli autori degli studi, ricercatori italiani dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) di Bologna, Firenze e Padova. In particolare, nell’ambito del Progetto Alpino, gli astrofisici hanno studiato 118 galassie molto distanti, alcune mai viste prima, attraverso la rete di radiotelescopi Alma (Atacama Large Millimeter / submillimeter Array) in Cile, gestita dall’Osservatorio del Europa meridionale (Eso). Grazie ad Alma, sono riusciti a penetrare lo spesso strato di gas e polvere che circonda queste galassie primitive, permettendo loro di svelare alcuni segreti.
Le galassie nel primo universo non avevano abbastanza tempo per produrre stelle in grandi quantità, quindi gli astronomi non si aspettavano di trovare così tanta polvere e metalli all’interno. “Abbiamo invece scoperto che l’universo primordiale è una vera e propria fucina di galassie”, spiega Paolo Cassata, ricercatore presso Inaf e Università di Padova, uno dei firmatari degli studi. “Alcune di queste galassie più comuni stanno iniziando ad accumulare polvere e metalli. Altri al contrario – conclude – sono già così polverosi da essere completamente invisibili ai telescopi ottici ”, anche per Hubble, abituato a scrutare l’universo più profondo.
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