Dopo i ritardi di Pfizer, quelli da AstraZeneca: il governo è costretto a riconsiderare il piano vaccinale e rivedere gli obiettivi, con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che attacca le case farmaceutiche e definisce “inaccettabili” i tagli annunciati da AstraZeneca e confermati dai rappresentanti dell’azienda durante un incontro con il ministro Roberto Speranza e il commissario Domenico Arcuri. I ritardi “costituiscono gravi inadempienze contrattuali che causano enormi danni all’Italia, il nostro piano è stato redatto sulla base di impegni contrattuali liberamente assunti” e per questo, afferma, “utilizzeremo tutti gli strumenti e tutti iniziative legali per esigere rispetto. “.
Anche l’UE vuole essere chiara sui ritardi e lunedì ha convocato l’azienda inglese, affermando due obiettivi: avere un programma chiaro che consenta di pianificare le consegne e accelerare la distribuzione. Ma il governo affronta anche altre due questioni sul tavolo: l’allarme proveniente da diversi centri vaccinali regionali, tra cui Lombardia, Sicilia ed Emilia Romagna, per la mancanza di siringhe di precisione, e la necessità di prevenire varianti. di Covid, dall’inglese al sudafricano che preoccupa molto di più, stanno esplodendo infezioni anche in Italia come è già successo in diversi paesi europei. Sul primo punto arriva la smentita di Arcuri: “È falso”, sono state distribuite meno siringhe “per il banale motivo che Pfizer ci ha inviato meno fiale di vaccino.
Sul rischio di varianti, invece, la questione è più complessa, a tal punto che l’esecutivo, precisa Gianni Rezza, direttore della prevenzione del ministero della Salute, sta valutando la possibilità di “alzare i provvedimenti”. Allora il piano vaccinale. Il governo, insieme al ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, ha convocato le regioni oltre a Speranza e Arcuri per aggiornare quello presentato il 2 dicembre dal ministro della Salute al Parlamento. Secondo questo documento ancora pubblicato sui siti istituzionali, 28 milioni e 269mila dosi sarebbero dovute arrivare in Italia nel primo trimestre del 2021. Una quantità che d’ora in poi è evidente a tutti, non verrà rispettata: non sappiamo ancora se e quando Pfizer ripristinerà le forniture previste per garantire 8,7 milioni di dosi entro la fine di marzo (fonti dell’UE hanno affermato che la società la prossima settimana dovrebbe ridurre le consegne medie al 92%). Soprattutto, AstraZeneca ha confermato la riduzione a causa di un problema di produzione. Si parla di una riduzione del 60% che, secondo Conte, significherebbe per l’Italia passare da 8 milioni a 3,4 milioni di dosi.
Il nostro Paese potrebbe quindi finire a fine marzo con meno di 14 milioni di dosi, di cui un milione e 300.000 di Moderna, invece di 28. La metà di quanto previsto. Si tratta quindi di rivedere gli obiettivi, come confermato dal presidente del Consiglio Superiore della Sanità Franco Locatelli: “la riduzione della capacità produttiva di AstraZeneca richiederà una revisione della campagna”. Dovrebbe essere possibile concentrarsi sull’impegno prioritario, immunizzare tutti gli operatori sanitari e sociali, gli ospiti e il personale Rsa, più di 80 e pazienti fragili, oncologici, cardiologici ed ematologici entro marzo.
In tutto, quasi 7 milioni di italiani. Ma non le altre categorie: i 13 milioni e 400.000 italiani dai 60 ai 79 anni, i 7 milioni e 400.000 con almeno una comorbidità cronica, oltre al personale dei servizi essenziali: insegnanti e personale scolastico, forze dell’ordine, personale carcerario e detenuti. C’è anche un altro elemento da tenere in considerazione. Quando l’EMA darà il via libera al vaccino AstraZeneca, sottolinea Locatelli, bisognerà vedere “che tipo di omologazione verrà data”, cioè se sarà “condizionata a determinati parametri di età piuttosto che a percentuale di copertura vaccinale “. In sostanza, se sembra che il vaccino sia consigliato alla popolazione under 55, l’Italia dovrà individuare nuovi criteri per definire le categorie prioritarie, privilegiando i più giovani.
Ultimo aggiornamento: 20:22
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