Un notevole deterioramento della qualità del sonno negli anziani potrebbe essere un segno di un aumento del rischio di diagnosi future della malattia di Alzheimer. I ricercatori dell’Università della California a Berkeley ne sono convinti e hanno confermato che esiste una relazione tra il sonno frammentato e non ristoratore e il rischio di formazione e accumulo di placche amiloidi. una proteina con effetto neurotossico caratteristica di questa demenza.
Alla vigilia del Giornata mondiale dell’Alzheimer (21 settembre 2020), la discussione sul ruolo del sonno negli anni precedenti alla diagnosi è più accesa che mai. In che modo i disturbi del sonno sono correlati alla malattia? Sono solo un sintomo precoce o hanno ancora un ruolo poco chiaro nella sua origine?
mancata pulizia. Conosciamo quel sonno profondo promuove l’eliminazione di scorie e tossine dal liquido cerebrospinale, il fluido trasparente e incolore che alimenta il sistema nervoso centrale. Il sonno povero può contribuire al rischio di sviluppare la demenza? Dopo aver analizzato la qualità del sonno di 32 adulti sani negli anni ’60, ’70 e ’80, i ricercatori hanno scoperto che i volontari che hanno iniziato a sperimentare un sonno più intermittente e meno lento, spesso indicato come “sonno profondo”. Era più probabile che mostrassero un aumento delle placche beta-amiloidi nel cervello durante lo studio. La correlazione tra la qualità del sonno e gli accumuli di amiloide era così ovvia che era possibile prevedere i cambiamenti delle placche nel tempo solo valutando la qualità del sonno, anche se nessuno dei volontari si ammalò Morbo di Alzheimer durante la ricerca.
Causa o conseguenza? Nello studio pubblicato in Biologia attuale, i ricercatori suggeriscono due parametri da tenere d’occhio: la quantità di sonno profondo non REM (cioè caratterizzato dall’assenza di rapidi movimenti oculari) e l’efficienza complessiva del sonno, vale a dire il tempo passato solo a dormire, senza fissare il soffitto. Insieme descrivono il qualità del sonno, che sembra essere legato alla salute, se non al futuro, del cervello. Se il risultato sarà confermato, una maggiore attenzione al riposo notturno potrebbe aiutare nella diagnosi precoce dei disturbi neurodegenerativi, e allo stesso tempo rivelarsi una forma di prevenzione relativamente facile da adottare.
Ma è solo una goccia d’acqua nel secchio, alla ricerca delle cause (così come possibili trattamenti) Morbo di Alzheimer, che colpisce il 5% delle persone sopra i 60 anni. Per non parlare del fatto che il sonno disturbato potrebbe essere solo uno dei primi sintomi (non una delle cause) di questa condizione. Secondo un altro studio condotto dall’Imperial College London, infatti, le persone con una maggiore predisposizione genetica al morbo di Alzheimer sono più spesso mattiniere e con una durata del sonno più breve.
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