Autostrade, Gouvernement-Benetton a un passo dalla rottura. L’ultimatum di Conte

Huffpost Italia

Giuseppe Conte

Giuseppe Conte lo ha consigliato più volte nelle scorse ore ai ministri coinvolti nel gioco, il titolare del Tesoro Roberto Gualtieri e quello dei Trasporti Paola De Micheli: “Dobbiamo chiudere la questione Autostrade con i Benetton”. E la raccomandazione è stata rivolta anche a Fabrizio Palermo, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti che negozia con Atlantia, la società attraverso la quale i Benetton controllano Autostrade. Ma quando è passata dalla forza di volontà alla prova dei fatti, cioè cercando di rafforzare Atlantia quando firmava un accordo, il governo si è trovato con una manciata di mosche in mano. A più di due mesi dalle celebrazioni notturne a Palazzo Chigi non ci sono le condizioni per la firma del MoU per la rimozione di Benettons. Il mazziere sta per saltare. E il presidente del Consiglio, irritato, è pronto per una contromovimentazione: una lettera di ultimatum per dire alla Benetton che o si rispettano gli accordi del 14 luglio, oppure scatta la revoca.

Cassa e Atlantia se ne occupano da metà luglio e sono datate anche le questioni che non uniscono le parti. Ma qualcosa è cambiato oggi. Anzi più di qualcosa. Prima di tutto, la pressione del governo sui Benetton. Indiretto, via Cdp, che è tornato a chiedere ad Atlantia di rispettare l’orario concordato a metà luglio. E diretto, grazie ai contatti tra De Micheli e il management di Autostrade. E poi gli umori sono cambiati al termine di questo ennesimo atto di trattativa scivolosa e nervosa. Tutti parlano di un clima di “quasi rottura”. Tutti sanno che il muro contro il muro, durato dalla notte dell’accordo fino ad oggi, seppur con i suoi alti e bassi, è ormai insormontabile. E qualcosa potrebbe sicuramente cambiare giovedì mattina, facendo esplodere la rottura. Perché giovedì mattina il consiglio di amministrazione di Atlantia deciderà di mettere Autostrade fuori dal recinto della casa madre. In altre parole, può sembrare una decisione adatta al governo perché i Benetton stanno iniziando il processo di uscita da Autostrade, ma il metodo non è apprezzato e non si addice all’esecutivo. Il salto di qualità negativo, il rischio, c’è proprio ed è che i Benetton decidono di intraprendere un percorso che taglia la Cdp e quindi il governo.

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Il programma di Atlantia prevede lo scorporo di Autostrade fino all’88% (in alternativa, ma questa è un’ipotesi lontana, anche la vendita diretta dell’88%), la quotazione in Borsa della nuova società che nascerà dal diviso quindi vendita sul mercato. Un modello che non taglia la Banca, ma che appare, e da molti, il ruolo che il governo ha pensato per la stessa CDP. La Cassa, infatti, potrebbe partecipare ad un aumento di capitale o acquistare le azioni sul mercato come qualsiasi altro investitore. È uno schema diverso da quello mostrato nel comunicato di Palazzo Chigi all’alba del 15 luglio, ma legittimo per Atlantia. Per vari motivi. L’importante è che già nella lettera di impegni di quella notte di metà luglio, Atlantia ha messo nero su bianco che “se le operazioni commerciali sopra proposte non ti interessano, Atlantia è disponibile a valutarle. proposte di acquisto di Cdp e investitori accolgono in Cdp l’intera partecipazione detenuta in Aspi a valori di mercato “. Per Atlantia lo stallo nella trattativa con Cdp segue il caso di proposte ritenute poco interessanti dalla controparte. Insomma, per Atlantia lo schema che partirà giovedì è legittimo ed è già stato anticipato, anche attraverso altri punti, nella lettera che sanciva l’accordo.

Ma il governo dice no. Celebra e annuncia un altro progetto, la Cassa entra subito in Autostrade attraverso un aumento di capitale riservato. Un’azione politicamente valida e tanto perché dà l’immagine dello Stato che prende il baricentro di Autostrade e perché è l’unico modo per dire che un euro non finirà sul conto in banca di Benetton . Altrimenti, cioè secondo lo schema Atlantia, questi due elementi si perdono perché cambiano le modalità di passaggio del controllo e soprattutto il denaro potrebbe finire direttamente nelle casse dei Benetton. Di Più. Il governo è preoccupato che alla fine il CDP verrà tagliato fuori o dovrà affrontare condizioni inaccettabili, come una forte spesa per far parte del gioco.

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Durante la giornata c’è stato un dibattito su chi ha ragione. Il Governo e la Cassa ribadiscono che l’accordo del 14 luglio è stato messo nero su bianco, anche in un comunicato stampa. E Atlantia per ricordare che nella lettera di impegni decisiva per la conclusione della trattativa si afferma con chiarezza che tutto quanto concordato dall’oggi al domani era legato anche al via libera dei consigli di amministrazione di Autostrade. e Atlantia. È qui che si è creato il più grande cortocircuito, quello sulla via da seguire per raggiungere un accordo. Gli azionisti di minoranza di Atlantia non riconoscono il regime dello Stato perché l’ingresso di Cdp attraverso un aumento di capitale avrebbe l’effetto di diluirli e quindi di perdere valore sul loro investimento. Alla vigilia del consiglio di amministrazione che sancirà la decisione di Atlantia di uscire senza un accordo con Cassa, il fondo TCI ha ribadito anche: “Crediamo che lo spin-off sia la cosa giusta da fare. . Un aumento di capitale Aspi distruggerebbe valore e non ce n’è bisogno ”. È un elemento in più che certifica che le strade del governo e della Benetton sono vicine al bivio.

Di fronte a questo scenario, Conte ha già avviato una contromossa: il licenziamento. Fonti dell’esecutivo precisano che si tratta di un’opzione che non è mai stata esclusa: “Si è sempre detto che se non fosse stato raggiunto un accordo tra Cdp e Atlantia, il licenziamento sarebbe avvenuto”. Ma già all’alba del 15 luglio, il governo ha lavorato per raggiungere un accordo. Ma ora il quadro è cambiato di nuovo. I problemi che separano le stesse parti non riguardano solo il gameplay. C’è la questione della distribuzione del debito di Autostrade, che sta vivendo divergenze, e la questione della garanzia pubblica. Per la Cassa è determinante proteggersi dai rischi che potrebbero insorgere in futuro, ma da Atlantia la massima disponibilità è quella di aprire la data room dove sono contenute le valutazioni di rischio effettuate da società indipendenti e approvato dal dipartimento e dove è scritto che è il rischio oggi. Non domani. Resta oggetto del piano economico finanziario, che è il fattore determinante per la determinazione del prezzo di Autostrade: non ha ancora ricevuto il timbro definitivo. E manca ancora la firma della transazione, quella contenente gli impegni che Autostrade garantirà in termini di denaro per investimenti e non solo. Nel comunicato del 15 luglio si legge che “la rinuncia alla revoca può avvenire solo in caso di conclusione dell’accordo transattivo”.

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E ciò che ha fatto arrabbiare particolarmente il Primo Ministro è stata un’altra parte dell’accordo che ancora non corrisponde. La Convenzione che disciplina i rapporti tra lo Stato e la concessionaria autostradale deve essere modificata, partendo da una più precisa definizione di revoca. La tragedia del ponte Morandi serve a ricordare che la Convenzione si è dimostrata fragile di fronte a questo problema. Il Ministero dei Trasporti ha inviato una lettera, anticipato da Huffpost, presso Autostrade. Dentro c’è la riscrittura della Convenzione. Ma questa lettera è tornata con alcune osservazioni. Troppo per il presidente del Consiglio, che non ha nascosto affatto la sua irritazione durante un faccia a faccia martedì a Palazzo Chigi con Gualtieri, De Micheli e Palermo. Da qui la decisione di prendere carta e penna e scrivere ad Autostrade chiedendo loro di rispettare l’accordo del 14 luglio. In caso contrario, verrà attivata la revoca. Un’altra lettera, ancora un altro elemento di una quasi rottura.

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