Biden propone un nuovo piano per le famiglie e la classe media di 1.8 trilioni. E lo finanzia con più tasse sui ricchi

“Un investimento nei nostri figli, nelle famiglie, nel futuro. “Creare un’economia che non lasci indietro nessuno”. Joe Biden ha alzato il sipario sull’ultimo grande pilastro delle sue riforme: un piano da 1,8 trilioni di dollari per sostenere le classi medie e svantaggiate. Che prende di mira esplicitamente le disuguaglianze sociali e razziali, pagate dagli aumenti delle tasse sui più ricchi. E questo porta le risorse pubbliche destinate a ricostruire l’America post-pandemia, sotto la bandiera di Build Back Better, a 4.100 miliardi, aggiunti ai 2.300 miliardi proposti per infrastrutture, ambiente e lavoro.

Discorso al Congresso dopo 100 giorni alla Casa Bianca

Questo disegno sarà l’anima del suo primo discorso questa sera prima del Congresso nelle sale assemblate. La sua nuova e più drammatica promessa al Paese in occasione della tappa dei 100 giorni alla Casa Bianca. Oltre al suo discorso a Capitol Hill, Biden ha descritto l’American Families Plan in un denso documento di 15 pagine che spera diventi legge approvata dal Parlamento, anche a costo di forzare la mano con manovre procedurali, abbandonando gli sforzi bipartitici e approfittandone solo della fragile maggioranza democratica contro un’unanime opposizione repubblicana.

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The American Families Plan in 15 pagine

Le 15 pagine iniziano subito con due grandi numeri: trilioni di spesa e 800 di agevolazioni fiscali e crediti. Con un’enfasi su istruzione, salute e assistenza all’infanzia, permessi di lavoro retribuiti, aiuti nella lotta alla povertà. Significativa anche la concentrazione degli aumenti fiscali sull’1% degli americani con redditi superiori ai 400.000 dollari all’anno: porterà in dote 1.500 miliardi in dieci anni e coprirà integralmente gli investimenti in 15 anni. Molti stanno già alimentando la ribellione repubblicana contro l’eccessiva espansione del governo: la loro risposta al discorso di Biden era pronta per un alto profilo, affidata all’unico senatore afroamericano del partito, Tim Scott.

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Riforme ambiziose

I dettagli del piano Biden vanno anche oltre, mettendo nero su bianco un complesso ventaglio di programmi che non nascondono ambizioni di trasformazione, rinascita ed espansione delle classi medie troppo spesso impoverite o lacerate da disuguaglianze e discriminazioni. Il presidente ha chiesto “azioni coraggiose” necessarie in tempi di crisi. Più aggressivo, a causa dei presunti effetti ridistributivi e progressisti, di quelli dei suoi più recenti predecessori democratici allo Studio Ovale, Barack Obama e Bill Clinton. Sul fronte fiscale, l’aliquota individuale più alta tornerà al 39,6% contro il 37% a cui i repubblicani l’avevano ridotta nel 2017. Una percentuale che verrebbe corrisposta, senza concessioni, anche su plusvalenze e dividendi da chi guadagna più di un milione all’anno, ovvero lo 0,3% della popolazione. Gli “sconti” sul reddito dei re degli hedge fund saranno annullati. Le modifiche all’imposta sulle successioni aumenteranno le plusvalenze sui beni ereditati. E verranno attivati ​​i controlli sui contribuenti più ricchi: la Casa Bianca è convinta che nascondano fino a un quinto delle entrate e intende raccogliere 700 miliardi in dieci anni.

Spese di istruzione in evidenza

Ma è la spesa e il sollievo per i meno abbienti a fare la parte del leone del piano Biden. In totale, l’accesso al settore dell’istruzione supera i 500 miliardi, con quattro anni senza precedenti di scuola e università gratuite per tutti: due in età prescolare (209 miliardi) e due in community college (109 miliardi), che possono precedere un quadriennio diploma. Altri 200 miliardi vengono attivati ​​sotto forma di borse di studio per studenti bisognosi, università afro-americane e per la qualificazione e l’assunzione di insegnanti. Più assistenza all’infanzia, 225 miliardi di dollari, andrà alle famiglie con stipendi fino a una volta e mezza il reddito medio in ogni stato, quindi nessuno spende più del 7% di ciò che guadagna per tali servizi. Queste carenze costerebbero all’economia statunitense 57 miliardi di dollari all’anno.

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