Cashback, Draghi dopo le proteste dei 5s e del Pd: blocco di 6 mesi, ripartenza nel 2022. E spiega i motivi dello spegnimento. Rimborso? Scivolano a novembre

il rimborso riprende nella prima metà del 2022. Questo è lo schema di decreto che arriverà sulla tavola di Consiglio dei ministri sulla concorrenza per stimolare l’uso di AT M e carta di credito. Dopo le proteste di M5 e PD per cancellazione, senza dare Palazzo Chigi né da allora sospettoso se vi sono smentite sul taglio definitivo del provvedimento, il testo predisposto per l’approvazione non prevede l’annullamento tutto breve ma uno 6 mesi di pausa con l’attribuzione di € 1,75 miliardi che sarà dirottato al finanziamento di ammortizzatori sociali. Durante l’incontro, il Primo Ministro Mario draghi ha definito la misura, così come attualmente strutturata, di “Carattere regressivo” e destinato “ad indirizzare risorse verso le categorie e le regioni del Paese in condizioni economiche meglio. ”Allo stesso tempo, il governo sta anche valutando di posticipare il pagamento dei rimborsi di 150 euro e gli dei 1.500 euro di Super cashback, destinato 100 miglia che ha effettuato il maggior numero di operazioni tra il 1° gennaio e il 30 giugno. Ad oggi, infatti, il programma prevede il trasferimento da metà agosto, mentre il decreto sposta l’erogazione di 30 novembre 2021 (quindi più di 3 mesi dopo) e allo stesso tempo ritarda anche il pagamento dei rimborsi per primo semestre 2022. Inoltre sono previsti anche cashback e Supercashback 120 giorni fare un Richiesta e 30 concessi a Consap valutarli.

Blocco di sei mesi, poi si ricomincia – Dopo la polemica nata dal cancellazione annunciata durante il sala di controllo, con il M5 e il PD che, martedì, aveva protestato con vigore contro la revoca del provvedimento introdotto dal governo Conte, il Bozza del decreto è quindi molto più flessibile delle previsioni. E durante l’incontro a Palazzo Chigi Draghi, come abbiamo appreso, ha rassicurato sulla ripartenza del cashback e ha rassicurato dem e pentastellati sull’impegno a lotta all’evasione fiscale, spiegando che il Mef si esibirà sondaggi periodici relativi all’utilizzo di strumenti di pagamento elettronico, sulla base di informazioni di aiuto fornito da Banca d’Italia. Il presidente del Consiglio ha spiegato le ragioni che hanno portato allo stop temporaneo, criticando il cashback perché “ha carattere regressivo e mira a indirizzare le risorse verso le categorie e le zone del Paese a migliori condizioni economiche”. La maggiore concentrazione di alternative al contante, ha sostenuto, è registrata “tra nordisti e, più in generale del grandi città, con un capofamiglia di età inferiore ai 65 anni, a reddito medio-alto e una condizione diversa da quella del lavoratore o del disoccupato”. Fino ad oggi, ha ammesso, “Non ci sono dati specifici al riguardo”, ma è “probabile” che “queste categorie traggano il massimo beneficio dal cashback e dai bonus e super bonus associati”. Insomma, il provvedimento aggiunto ai ministri “rischia dunque di accentuare la disuguaglianza tra reddito, promuovendo famiglie più ricche, con un propensione al consumo presumibilmente inferiore, con conseguente effetto moltiplicatore su pil non abbastanza grande per il costo della misura”.

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Le critiche di Draghi al programma – Draghi ha anche sottolineato come l’assegnazione di 4,75 miliardi di euro deve essere valutato non solo rispetto ai benefici attesi, ma anche rispetto al costo e alla realtà quadro economico e sociale, che ha visto – nel 2020 – 335.000 nuove famiglie e più di un milione di persone in più povertà assoluta, secondo i dati Istat. “Di fronte agli effetti regressivi, ai costi e criticità applicative, non può essere stimato in questo momento effetti significativi sui ricavi – ha aggiunto – Al contrario, le transazioni elettroniche rischiano di crescere grazie al cashback, soprattutto nei settori che sono già fuga debole, come la grande distribuzione organizzata che, secondostato, assorbe quasi la metà del acquisti al dettaglio, più che nella critica. ”Inoltre, ha proseguito il Presidente del Consiglio, non c’è evidenza oggettiva la maggiore propensione all’utilizzo dei pagamenti elettronici tra gli iscritti al programma: “Quasi il 73% delle famiglie sta già spendendo più del tetto previsto dall’offerta di carte. Pertanto, la maggior parte potrebbe ricevere il massimo beneficio anche senza intensificare l’uso delle carte. D’altra parte, è improbabile che chi non ha una carta o che attualmente la sta utilizzando per un importo inferiore al limite, possa effettivamente raggiungerla, poiché la maggior parte di loro non può spendere queste somme”.

Le mancate risposte del Mef – Nei giorni scorsi il resoconto di addio al concorso era rimasto oscuro e il Ministero dell’Economia, consultato da Ilfattoquotidiano.it, aveva ammesso che la mossa era stata decisa senza Valutazione di impatto. Nelle ultime settimane, gli uffici del ministero presieduti da Daniele Franco non avevano fornito dati specifici, nemmeno al Corte dei Conti quando i giudici contabili hanno richiesto una serie di dati per analizzare l’utilità del provvedimento. “Per acquisire i primi elementi di valutazione sulla misura introdotta, il Dipartimento del Tesoro dati e informazioni certi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze”, si legge nella relazione 2021 sul coordinamento delle finanze pubbliche predisposta dalla Corte dei Conti. Più precisamente, al ministero era stato chiesto “l’importo in valore assoluto operazioni suddivise in classi di valore”, le “disaggregate per Codice di Nace o per raggruppamenti di attività e il relativo numero di operazioni effettuate complessivamente “e la” distribuzione su base regionale degli stessi gruppi”. Quanto meno, la collaborazione dei gabinetti ministeriali non è stata esaustiva: “Il Dipartimento – precisa la Corte dei conti – si è limitato a fornire solo i dati relativi alla ripartizione delle operazioni per classi di importo e la distribuzione del numero di utenti per fette di operazioni”.

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Le “perplessità” della Corte dei Conti – In merito alla ripartizione degli operatori per gruppo di attività e su base regionale, il Ministero si è opposto alle ragioni di reasons privacy relative al trattamento dei dati, affermando che ilinfrastruttura tecnologica che li elabora “non raccoglie informazioni dettagliate su categoria di prodotto si posizione dei commercianti dove si effettuano le operazioni. ”Spiegazione davanti alla quale si è espressa la Corte dei Conti “Perplessità”, tenuto conto – precisa la Relazione – che “la conoscenza di effetti economici e sociale generato dal programma appare essenziale quando la rilevanza del risorse finanziarie a scapito del bilancio dello Stato e della obiettivi ambiziosi che sono alla base dell’iniziativa”. E poi i giudici avevano sottolineato: “Va inoltre precisato che le operazioni con carta di credito o di debito comportano l’utilizzo di Codice Centro clienti (Merchant Category Code) come codifica standard internazionale per definire la categoria merceologica dell’esercente – prosegue il report – Per quanto riguarda la privacy, si segnala che i dati richiesti aggregazioni raggruppamenti di attività economiche su base territoriale e solo su base regionale”.

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