Che ruolo giocano le scuole nelle infezioni? Ecco il caso della Valle d’Aosta

In linea con i dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità, anche quelli relativi alle scuole valdostane mostrano una maggiore incidenza nelle scuole secondarie, almeno fino alla chiusura.

Con quelli delle province autonome del Trenta e Bolzano mancavano nel file prima indagine dedicato alle infezioni nelle scuole. Ora di nuovo grazie a a Foia, Cablata li ha e può dire cosa è successo Valle d’Aosta. Non solo: da quando la Regione Autonoma ha fornito i dati relativi ai contagiati su base settimanale e per ogni istituzione Valle d’Aosta, è possibile trattare questa realtà come se fosse un caso di studio. Vale a dire per raccontare l’evoluzione delle infezioni a tutti i livelli di istruzione, dalle scuole materne alle scuole secondarie.

Le cifre, scaricabili da questo link, coprono il periodo compreso tra la riapertura di 14 settembre e il 6 dicembre. In questi 12 settimane sono stati registrati 690 contagio tra insegnanti e studenti. Nello stesso periodo, in questa regione che conta 125mila abitanti, gli aspetti positivi al SARS-CoV-2 Li avevamo 5.545.

Ciò significa che il file 12,4% delle infezioni ha coinvolto persone legate alla scuola. È uno su otto. Nel Valle d’Aosta gli studenti sono più di 17mila, a cui si aggiungono più di 2mila insegnanti, per un totale di 19.763 persone che vanno a scuola. In altre parole, è il file 15,8% dell’intera popolazione. In proporzione, quindi, il virus colpire meno nelle scuole. Tuttavia, guardando l’evoluzione della curva nel tempo, la discussione cambia:

Come mostrato nel grafico, che segnala le infezioni tra solo allievi, i casi iniziano ad aumentare nella settimana terminata 4 ottobre, il terzo dopo riapertura. Tuttavia, c’è una differenza importante. Nelle scuole superiori, rappresentate dalla linea arancione scura, la curva aumenta più velocemente di quanto non faccia nella popolazione generale.

L’unico altro sorpasso infezioni nel popolazione scolastica rispetto al tutto, riguarda il scuole secondarie inferiori nella settimana che si è conclusa Domenica 1 novembre. È appena prima del Dpcm che decretava la cessazione dell’insegnamento in presenza dal vecchio sesto anno. Il contagio negli asili e nelle scuole primarie, invece, è sempre stato significativamente inferiore a quello osservato nella popolazione generale.

Allora, come interpretare questi dati? Cablata Chiese Cristina Montomoli, Professore di statistica medica pressoUniversità di Pavia. “Questa tendenza riflette la tendenza generale italiana, che nella seconda ondata ha visto più casi nella popolazione adolescente “, commenta Montomoli. “I valori sono molto bassi e l’analisi risente quindi di fluttuazioni casuali”, tuttavia, avverte l’insegnante.

I numeri corrispondono effettivamente a quelli raccolti dall ‘College of Health, evidenziando anche una maggiore incidenza in dieci ei 19 anni. Tendenza potenzialmente spiegata dal comportamento fuori dal contesto scolastico, “I bambini sono più in contatto, usano i mezzi pubblici”, ma anche con il fatto che, essendo più facilmente asintomatici, i bambini più piccoli sono probabilmente anche meno lavati.

Questi dati, conclude Montomoli, non aiutano però a risolvere la questione se sia meglio aprire o chiudere scuole. Specialmente da quando “Il problema non è solo con le aule, ma anche con il modo in cui vai a scuola e come vivi i tempi fuori dal contesto scolastico”. Nonostante tutto, è ancora meglio conoscere questi dati.

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