Parole di Antonio Conte in un’intervista a Giornale hanno chiarito parte del suo pensiero. La squadra viene prima, intende restare all’Inter il più a lungo possibile e non vuole parlare di individui, soprattutto Eriksen (e nemmeno Marotta).
Di Conte ha capito che è pragmatico, il suo calcio si basa su mentalità e movimenti che vengono memorizzati anche dal massaggiatore. Tuttavia, ha bisogno di un’ottima forma fisica e di giocatori che osservino i suoi diktat in modo ortodosso, quasi ossessivo.
In poco più di un anno abbiamo scoperto le tante (troppo) sfaccettature di un tecnico che ha vissuto più stagioni in un solo anno e si è scontrato con i dirigenti per motivi che ancora non conosciamo. quale percentuale erano. personale e professionale.
La campagna trasferimenti ha cambiato direzione, andando drasticamente verso quella scelta dall’allenatore e nelle prime dieci partite i risultati e la partita sono andati troppo al di sotto delle aspettative.
Tra due settimane sapremo se l’Inter è tornata in Champions e poco più in là dove si ritroverà Eriksen, che rappresenta il fallimento culturale di una società che storicamente ha mortificato la classe, lasciando i giocatori colpevoli di talenti non funzionali. al progetto, solo per scoprire che erano compatibili con altri allenatori per migliorare le qualità.
I nomi sono tanti ma paradossalmente il dato più importante non è la cessione di Eriksen, che avverrà probabilmente a gennaio, né le idee di Conte che, se seguito sulla sua strada, potrebbe anche vincere un campionato adesso. nessun capo.
Per l’Inter di oggi niente è più importante che vincere qualcosa e, non importa se ciò accadrà, visto che riescono a superare tutte le enormi difficoltà, la società dovrà decidere cosa vuole diventare.
Conte ha detto: “Avremo raggiunto l’obiettivo quando i nostri avversari si sentiranno confrontati con una cultura, un’identità, un sistema di valori, una passione e un obiettivo collettivo”.
Ha assolutamente ragione e abbraccia pienamente molte delle sue convinzioni, tanto quanto sono convinto di come abbia gestito male Eriksen, così come Fabregas, Diego Costa e Hazard al Chelsea, con i quali aveva aperto disaccordi (oltre alle interviste del Danese), così come Insigne in Nazionale che ha visto giocare al suo posto Sturaro.
Anche Hakimi sta giocando al di sotto del suo potenziale poiché è intrappolato in una gabbia tattica che sfrutta il suo talento. Per questo dico ai detrattori di Eriksen che ha trascorso un totale di 5,5 mesi all’Inter (finestra di febbraio, tre mesi di recupero, fine settembre e ottobre) e in carriera, Ajax al Tottenham, era un giocatore. essenziale, sia come centrocampista che quando utilizzato come trequartista in una squadra con forma e caratteristiche diverse dai compagni e Pochettino non gli ha chiesto di fare una brutta faccia, ma di liberare la sua classe e la sua visione del gioco.
Conte è riuscito a mortificare e mettere in vendita Eriksen, convincendo molti fan che non l’avevano mai visto prima che si trattava del danese. Allora vi chiedo, tranne Barella, quanti giocano online se non al di sopra della loro prestazione?
La storia di Eriksen è molto simile a quella di Seedorf, criticato, addirittura giubilante dopo il suo arrivo dal Real nel 2000 e accusato di essere discontinuo, testardo, distaccato.
Suonava in una zona del campo simile a quella di Eriksen e le frasi erano le stesse. Rivendico il diritto di criticare duramente Conte per la visione che ha nei confronti di giocatori non classificabili come gli altri, nonché di apprezzarlo per il quadro generale che capisco, anche se non mi piace .
L’intera storia del club ha una grafica che parla chiaramente e dice che la performance ha picchi straordinari in alto e strapiombi che si tuffano in stagioni di autentico anonimato. L’aspirazione dell’Inter è quella di far parte definitivamente del Restricted elite.
Se davvero vuole, nel post, Conte dovrà individuare un modello di gioco e di identità indipendente dal dirigente di turno. Il calcio si avvia verso una destinazione che premia i dirigenti di un gruppo, valorizza l’identità e attinge alle attitudini organizzative e culturali di una società, senza, ovviamente, qualunque sia il portafoglio.
L’Inter non può dipendere definitivamente da uomini del destino e ha bisogno di principi che la determinino d’ora in poi, senza fare affidamento esclusivamente sull’allenatore.
Il club ha iniziato a far sentire la propria voce con diversi allenatori di giocatori impiegati in Nazionale, anche se Kolarov potrebbe risentirne. Marotta ha fatto sentire la sua voce sulla questione delle ASL. È un segno di risveglio ma ora deve aiutare ad accelerarne la crescita con risultati.
Amala.
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