L’importanza del sequenziamento. Scienziati, virologi e microbiologi in primis, insistono da mesi sull’importanza dello studio mediante sequenziamento genomico Sar Cov 2 perché questo è l’unico modo per capire come muta il virus. E sappiamo che il coronavirus, che innesca Covid, è già cambiato migliaia di volte. Basti pensare che sono 24 i “lignaggi” individuati a gennaio nel solo Veneto, e 11 quelli circolanti nella regione ad aprile, tra i quali il più importante è l’inglese, con brasiliano e sudafricano. Ad aprile sono apparse anche due varianti indiane.
Ma solo le varianti più vantaggiose del virus circolano e hanno soppiantato a lungo le scorte originali di Wuhan. Molti di loro hanno mutazioni simili, che finora non hanno influenzato il lavoro dei vaccini. Ed è così che sembrano arrivare buone notizie dal laboratorio di virologia molecolare del San Matteo di Pavia. In un’intervista a La Repubblica, professore Fausto Baldanti spiega: “Quello che stiamo vedendo ci porta a pensare sempre più convinti che il virus stia finalmente attraversando una fase che potremmo definire di declino”.
Le mutazioni riscontrate nell’incessante lavoro di sequenziamento hanno portato i ricercatori a trovare mutazioni comuni. Anche se secondo Baldanti questo “virus che non può mutare indefinitamente”. E, cosa più importante, Sars Cov 2 sembra sempre cambiare negli stessi punti: “E, come abbiamo notato più volte, la mutazione 484 sta tornando. Ciò significa quindi che un virus non può trasformarsi in un punto in cui il file picco di proteine appende le cellule “. Insomma, il ricercatore ragiona:” Abbiamo osservato che, se le mutazioni iniziano a ritornare nelle stesse posizioni, c’è un punto in cui il virus potrebbe anche non evolversi “e che” le posizioni non possono cambiare indefinitamente perché sono in numero limitato. Ora esaminiamo le mutazioni che si verificano negli stessi luoghi.
Ciò suggerisce che il virus può essere nella condizione di esaurire le possibilità di mutazione che ha nella zona di legame alle proteine. Sto parlando della mutazione 484, riscontrata per la prima volta lo scorso gennaio, che abbiamo riscontrato nella variante brasiliana, poi anche nella mutazione sudafricana, associata alla mutazione 417. Ed infine la mutazione indiana, associata alla mutazione 452 mutazione “. La speranza che” queste somiglianze indicano che effettivamente il Covid che abbiamo sperimentato è incapace di cambiare indefinitamente, che gli mancano le capacità di sopravvivenzaTrasformare, come hanno già ipotizzato diversi scienziati, che negli anni “in un virus umano a bassa intensità”.
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Peter Gomez
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Astrazeneca, rapporto Ema su dati UE: “Con una bassa circolazione del virus, il rapporto rischio / beneficio è stato ridotto a zero nella fascia di età 50-59 anni”
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