CREMONA (25 settembre 2020) – In sette mesi, dallo scoppio dell’epidemia, il Covid-19 ha contagiato quasi 7.000 persone in provincia di Cremona – ovvero poco meno del 2% della popolazione totale -, di cui esattamente 6 mille concentrati tra la fine di febbraio e quella di aprile. Due mesi maledetti, con un picco da brivido registrato il 21 marzo: una partenza nera in primavera con 341 malati in 24 ore. C’è, però, una data precisa in cui la diffusione del virus si è fermata in maniera decisiva: il 27 aprile. Da allora, il numero di nuovi casi positivi non ha mai superato i 50 in un solo giorno. E, sebbene il fenomeno epidemico non sia mai andato via, la tendenza alle infezioni si è sostanzialmente stabilizzata fino a sembrare una sorta di rumore di fondo, senza più scossoni. Gli ultimi mille contagi si sviluppano in un arco di cinque mesi: in media poco più di 6 al giorno.
Se i dati sono sufficienti a spiegare la situazione di relativa tranquillità in cui si trova attualmente il territorio cremonese, l’analisi dell’Osservatorio Epidemiologico di Ats Val Padana, diretto Paolo ricci, offre altri spunti rassicuranti: “Ricordiamo da dove siamo partiti. La provincia di Cremona è la zona che ha sofferto sia dell’incidenza che della mortalità del Covid-19 più alta che in Lombardia con 1.829 casi e 345 morti ogni 100.000 abitanti – spiega l’epidemiologo -. In definitiva, Cremona è la provincia più colpita in Italia e tra le prime in Europa. Tuttavia, se separiamo i dati dalla sola fase 2, iniziata il 4 maggio con una progressiva riapertura dopo il blocco, il confronto diventa molto favorevole per Cremona, che ora occupa il terzultimo posto nel quadro regionale. incidenza e mortalità, a dimostrazione dell’efficacia della strategia di prevenzione adottata a fronte del picco epidemico ”.
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24 settembre 2020
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