Segnale zero del presidente dopo il Verona: problemi simili a quelli prima dell’esonero di Ancelotti. Alcuni comportamenti negativi sul campo sono preoccupanti, come l’isteria di Osimhen
Vento forte, pioggia ma a Castel Volturno sono le lunghe pareti a far capire che il temporale non è ancora passato. Solo nove giorni fa il Napoli ha dato spettacolo battendo 6-0 la Fiorentina. Ma alla fine di questo set – per restare nella metafora tennistica – gli azzurri sono arrivati ”al braccio”: contro la Juve in Supercoppa e domenica a Verona hanno “accorciato” i colpi stimolando gli attacchi dell’avversario. Due sconfitte diverse, ma una peggiore dell’altra per gli effetti devastanti che lasciano sull’ambiente e sul gruppo di squadra.
Rumori e silenzi
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Anche ieri, come già domenica, nessun segnale dalla sede di Aurelio De Laurentiis, nei pressi del Quirinale. Se la rabbia del presidente era svanita subito dopo la partita di Verona, ieri lo stesso imprenditore era più concentrato sulla questione dei fondi, relativa alla Lega e ai diritti tv. Sul Napoli non si è sentito in dovere di intervenire: né pubblicamente, né con la squadra o il suo allenatore. Lo stesso che a dicembre aveva detto di riconfermare anche per i prossimi due anni. Silenzi che oggi consentono qualsiasi interpretazione ma è chiaro che un cambio è subito necessario (giovedì Spezia in Coppa, Parma e Genoa in campionato) o sarà necessariamente un arrivederci. E i silenzi non danno segnali costruttivi alla squadra, che sembrava inconsistente. Sicuramente anche colpa dell’allenatore, che non si è mai ritirato dalle sue responsabilità. A questo punto Gattuso non riesce a trasmettere i suoi insegnamenti al gruppo, sia mentalmente che tecnotatticamente. Ciò che preoccupa di più sono certi comportamenti negativi in campo – passo la palla di traverso al compagno di squadra più vicino, quindi non sbaglio – che ricordano da vicino atteggiamenti visti negli ormai famosi giorni dell’ammutinamento. Era novembre 2019, Carlo Ancelotti rimise a posto la panchina. Ma quattordici mesi dopo, come un boomerang, il Napoli sembra essere colpito dagli stessi problemi. Certo, Gattuso nelle impostazioni di gara avrà qualcosa che non va: nella scelta degli uomini, più che nella forma. Ma oggi a Napoli sembra che tutti siano diventati … Bartali, con il suo famoso: “È tutto sbagliato, bisogna rifare tutto”. Non sarebbe così perché la situazione è delicata ma non tragica. Al di là delle oscenità – perché così come sono – viste a Verona, la squadra è competitiva per i primi quattro posti, che valgono la Champions League (potrebbero anche essere quarti, vincendo la ripresa con la Juve), ed è in lizza per il Coppe. Ci sono cose da rivedere, ma non si può dire che anche il Napoli non abbia fatto un buon calcio, con Atalanta e Roma, ma anche in altre occasioni. Di certo gli manca personalità e continuità. Aspetti su cui possiamo lavorare e migliorare, se tutti remano dalla stessa parte. Un esempio che fa riflettere su Osimhen. Si è fatta sentire l’assenza del nigeriano per due mesi e mezzo. Ha senso che a Verona non potesse già essere in buone condizioni. Ma a settembre – il suo ottimo approccio alla Serie A – oltre alle doti fisiche e tecnico-tattiche aveva colpito il suo sorriso, l’allegria contagiosa che mostrava in campo da ragazzo felice di giocare. Qui la domenica di Verona ci ha lasciati perplessi nel vederlo isterico e litigioso al primo pallone giocato. Come se avesse perso tutto il suo entusiasmo. Può essere un termometro di quello che sta succedendo negli spogliatoi del Napoli. Classi e convocazioni, anche con uomini, giocatori o allenatori diversi che siano. E questo dovrebbe farci riflettere. Soprattutto gli affari. Il programma non-stop con partite fisse ogni infrasettimanale non consente molti allenamenti e può diventare un’arma a doppio taglio. Nel senso che una vittoria può aiutarti a recuperare velocemente, viceversa rischi di crollare.
Osa, sorriso smarrito
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Di certo gli manca personalità e continuità. Aspetti su cui possiamo lavorare e migliorare, se tutti remano dalla stessa parte. Un esempio che fa riflettere su Osimhen. Si è fatta sentire l’assenza del nigeriano per due mesi e mezzo. Ha senso che a Verona non potesse già essere in buone condizioni. Ma a settembre – il suo ottimo approccio alla Serie A – oltre alle doti fisiche e tecnico-tattiche aveva colpito il suo sorriso, l’allegria contagiosa che mostrava in campo da ragazzo felice di giocare. Qui, la domenica di Verona ci ha lasciato perplessi nel vederlo isterico e litigioso al primo pallone giocato. Come se avesse perso tutto il suo entusiasmo. Può essere un termometro di quello che sta succedendo negli spogliatoi del Napoli. Classi e convocazioni, anche con uomini, giocatori o allenatori diversi che siano. E questo dovrebbe farci riflettere. Soprattutto gli affari. Il programma non-stop con partite fisse ogni infrasettimanale non consente molti allenamenti e può diventare un’arma a doppio taglio. Nel senso che una vittoria può aiutarti a recuperare velocemente, viceversa rischi di crollare.
La gioia di giocare
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Ieri Gattuso – la cui difficile letteratura negli spogliatoi è sempre stata “sfamata” – ha parlato con i suoi ragazzi e ha cercato di capirlo. Perché può sembrare banale, ma questo Napoli deve trovare la voglia di divertirsi facendo rotolare la palla. Perché liberando la testa poi possono emergere i valori tecnici di una squadra, tanto meglio ma non certo per il campionato. Che però è ancora lì, nel limbo dei buoni propositi. Può fiorire, ma in questo limbo di anonimato può anche marcire.
26 gennaio – 10:41
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