“Devi decidere cosa fare da grande”. Troppi infortuni e processi sommari. Cambio di forma: le ragioni di Pioli

Le conferenze pre e post partita assomigliano spesso a silenzi di stampa parlati, come li ha definiti Silvano Ramaccioni: chiacchierano senza dire niente. Quando una frase significativa, dettagliata e mirata viene pronunciata da persone che usano la parola parlata con il ragionamento, acquista un enorme peso specifico. Ricordi Stefano Pioli dopo la sua seconda partita, persa all’Olimpico contro la Roma? “Qui sembra che vincere, pareggiare o perdere non cambi la vita di nessuno”. Centra l’obiettivo. L’allenatore lavora e lavora da mesi su questo tema sconcertante, con l’alleanza di questo Zlatan per il quale la vita cambia bene se non vince.

Mercoledì sera dopo questa prestazione triste, morbida, senza idee e senza spina dorsale contro l’Udinese, Davide Calabria è stato secco, diretto e piccante: “Devi decidere cosa fare da grande”. Centra l’obiettivo. Alcuni dei suoi compagni non crescono tecnicamente, qualcun altro non cresce continuamente, qualcun altro non cresce nell’impegno. Qualcun altro semplicemente non sta crescendo. Siamo nella fase in cui negli ultimi 12 fantastici mesi tutti si sono laureati. Ma ora ci stiamo dirigendo verso la laurea e poi ci tuffiamo nella vita professionale: è necessario il sacrificio di sé e la voglia di continuare a studiare ogni giorno. Senza queste due chiavi, nessuna porta si aprirà. La selezione degli ultimi 3 mesi della stagione deve essere spietata.

Gli infortuni rossoneri sono numerosi, troppo numerosi ei recuperi sono lentissimi. In questo paese martoriato dalla pandemia, dove uno dei tanti danni collaterali è stata la nascita sconfinata di virologi e nientologi (quelli che non sanno un cazzo ma parlano di tutto, per dirla ad Abatantuono), voglio aiutare nella caccia per streghe e fantasmi: vorrei dare un umile contributo alle tante prove sommarie. Per costruire tesi accusatorie e difensive, tieni presente che la vita quotidiana di una squadra di calcio professionistica è dettata dall’allenatore, dallo staff, dal medico, dagli allenatori sportivi, dai fisioterapisti, dai riabilitatori, dai giocatori. Il tutto condizionato da allenamento, partite ravvicinate, condizioni meteorologiche, lanci pesanti, aspetti psicologici, imprevisti. Al netto delle competenze di tutte le persone che lavorano intorno alla squadra, consulenti e specialisti personali (?) Gravitano anch’essi come satelliti a cui spesso i giocatori si rivolgono da soli. Troppe teste, troppe opinioni, troppi metodi diversi. Sto parlando di un’immagine generale del calcio professionistico, non del Milan ed è la squadra che da agosto ha giocato più partite e che ora soffre della sindrome della cautela (Tonali mercoledì) tagliando il motore anche al minore. segnale, altrettanto fisiologico, giusto e naturale. Adesso si può scatenare nelle accuse e nella difesa: con prove documentali e documentate, altrimenti il ​​processo viene annullato e il tribunale si ritira.

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A proposito di processi di sintesi. Non appena vengono svelate le prime difficoltà, i maghi della tattica e gli acclamati strateghi di trincea sollevano dubbi e perplessità sul modulo di gioco: “Inchiodato al 4-2-3-1”, la folla ruggisce indignata. Non mi sono mai piaciuti quei piccoli numeri che sono l’ossessione di milioni di coach italiani di divani e tastiere. Il sistema trovato da Pioli ha funzionato perfettamente con una squadra titolare che non vedevamo da novembre. Costretto a cambiare esecutore ad ogni concerto, il tecnico deve continuare a offrire la stessa partitura all’orchestra per aumentare la sicurezza e l’adattabilità. Ma se invece di un pianista sei costretto a usare un trombettista, e qualcuno non sa nemmeno suonare la batteria, la musica fa schifo. Anche se cambi posto.

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