Fatture fiscali, finita la tregua del Covid. E il governo sta progettando un’altra demolizione

Il conto alla rovescia è iniziato. E questa volta nulla sembra poterlo fermare in extremis come è successo finora. Tra una settimana esatta inizieranno ad arrivare 20 milioni nelle cassette postali e virtuali degli italiani bollette fiscali la cui notifica è stata sospesa nel marzo 2020, all’inizio della pandemia. Questa volta, come detto, salvo improbabili sorprese, non ci sarà una nuova tappa.

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File fiscali, le tappe

Non ci sono decreti all’ordine del giorno dove intraprendere una nuova proroga delle scadenze. E il ministro dell’Economia, Danièle Franco, non ha fissato il prossimo incontro con i sottosegretari ei viceministri per fare il punto sulla legge finanziaria solo a martedì prossimo, 1 settembre, giorno esatto in cui ripartirà la macchina della raccolta. Al Tesoro credono che una nuova svolta non sia possibile. Il superamento della scadenza del prossimo 31 dicembre comporterebbe la necessità di reperire qualche miliardo di euro per coprire il nuovo congelamento. Ma ciò non significa che la questione delle imposte sia uscita dall’agenda del governo. L’intenzione è quella di agire su due fronti. La prima riguarda l’Agenzia delle Entrate – Riscossione. A settembre non invierà i 20 milioni di file accumulati nei suoi cassetti. Andrà un milione, un milione e mezzo al massimo. Il motivo è che la capacità operativa dell’Agenzia è essenzialmente questa. Il che, tra l’altro, significa che ci vorrà almeno un anno e mezzo per consegnare i 20 milioni di file. Ma c’è anche un altro motivo. I registri di ritorno che dovranno essere consegnati sono documenti in gran parte formati durante la pandemia. Atti, insomma, che colpiranno in una certa misura le stesse aziende o cittadini che il governo ha risarcito e aiutato in questi mesi stanziando miliardi. Deve essere trovata una via d’uscita, che non sia un brutto blocco dei file. E quello che sembra più a portata di mano è una quarta operazione di demolizione.

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La strategia

Le giustificazioni sarebbero diverse. Il primo, come detto, è che la notifica dei 20 milioni di record così come la ripresa dei pignoramenti, potrebbe minare il clima di fiducia nel Paese che sta alimentando la ripresa. Ma c’è anche un secondo, e forse più forte, motivo per attrezzare una nuova operazione di “pace fiscale”. Nel luglio di quest’anno, il ministro dell’Economia Franco ha presentato una proposta per riformare la riscossione delle imposte in Parlamento. Che contiene molte nuove funzionalità, tra cui una semplificazione dei pagamenti dei file, nonché una revisione del premio. Oltre a svuotare il cosiddetto “magazzino” dei vecchi fascicoli, quelli dal 2000 ad oggi che non sono mai stati ritirati e che da soli valgono quasi un trilione di euro. Quindi se finora i primi tre rollback sono stati fatti in tempi “normali” e solo con la promessa di riforma fiscale, ora il motivo sarebbe che i tempi non sono “normali” e la riforma è davvero finita. La rottura potrebbe quindi essere inclusa nella manovra di bilancio. I termini sono ancora tutti da decidere. Una delle ipotesi è che gli atti siano esenti non solo da sanzioni e interessi, ma anche dal diritto di riscossione, considerato anche che nella riforma quest’ultimo dovrebbe scomparire. Intanto, a fine luglio, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione ha già presentato una guida per la ripresa dei pagamenti. Ricordiamo, tra l’altro, che i pagamenti degli articoli sospesi possono essere rateizzati, ma è necessario presentare domanda entro la fine di settembre. Oltre alle pratiche, è già ripreso il pagamento degli acconti per la rottamazione, con il primo pagamento il 2 agosto. La caparra scaduta il 31 maggio 2020 (rottame) deve essere versata entro il 31 agosto, le caparre dovute entro il 31 luglio 2020 (rotta e saldo ed estratto) entro il 30 settembre 2020 e al più tardi il 31 ottobre. scaduto il 30 novembre 2020 (eliminato). Quindi, il 30 novembre, scade il termine di pagamento dell’acconto per febbraio, marzo, maggio e luglio 2021.

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