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Helene D’Haens
Corrispondente Italia
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Lo scandalo della corruzione nel Parlamento europeo ha proporzioni internazionali. La sicurezza dello Stato belga ha collaborato con i servizi gemelli in cinque paesi diversi. Ma si scopre che lo zoccolo duro del “Qatargate” è italiano. Ne parlano gli inquirentiopera italiana.
Due italiani avrebbero accettato denaro dal Marocco e dal Qatar e lo avrebbero distribuito tra loro, eurodeputati e impiegati parlamentari. Potrebbero essere coinvolti più italiani. Il quotidiano italiano La Repubblica ricostruisce sulla base degli atti giudiziari dettaglio come si è svolto il Qatargate.
Regali privati
Si parte nel 2019. Antonio Panzeri, 67 anni, ex leader del Partito Democratico di centrosinistra noto politico in Italia, non è stato rieletto al Parlamento europeo dopo tre legislature.
Come non è raro, decide di iniziare una nuova vita come lobbista. Ha fondato Fight Impunity, un’organizzazione che si batte contro le violazioni dei diritti umani in tutto il mondo. Come ex presidente della sottocommissione per i diritti umani del Parlamento europeo, Panzeri conosce bene il caso.
In qualità di ex parlamentare, visita regolarmente il Parlamento europeo e la sua organizzazione è molto attiva. Ad esempio, chiede giustizia per la morte del dottorando italiano Giuglio Regeni, torturato e assassinato in Egitto nel 2016. Denuncia anche gli abusi in Arabia Saudita e Iran.
Ma da dove provenga il denaro dell’organizzazione non è chiaro. La sovvenzione di 175.000 euro che Panzeri aveva chiesto al Parlamento europeo non è stata concessa. Panzeri ammette amici e conoscenti secondo La Repubblica che riceve “doni privati”.
Perno di due italiani
Questi “regali” sono arrivati dal Qatar e dal Marocco, sembra ora. Il mandato di arresto, che è nelle mani dei media belgi, dimostra che non solo Panzeri, ma anche il suo ex dipendente di 35 anni, Francesco Giorgi, aveva contatti diretti con i governi di entrambi i Paesi.
Per quanto riguarda il Marocco, i contatti sono avvenuti principalmente attraverso l’ambasciatore marocchino in Polonia. Si dice che gli italiani abbiano fatto accordi con lui sui pagamenti e su ciò che dovrebbe essere fatto in cambio. In Qatar i due hanno avuto contatti diretti con alti funzionari governativi e persino con un ministro.
Secondo la giustizia belga, gli italiani hanno ricevuto il pagamento dei loro servizi in parte in contanti, in parte sul conto bancario di Fight Impunity e in parte sotto forma di doni. Questi soldi servivano da un lato per corrompere deputati e dall’altro per “mantenere uno stile di vita al di sopra delle proprie possibilità”, citato da La Repubblica un mandato di cattura.
L’inchiesta mostra che Panzeri aveva contatti con la moglie in Italia per i soldi e come spenderli. Ad esempio, secondo quanto riferito, i due hanno celebrato “una festa di Natale da $ 100.000” l’anno scorso. La moglie e la figlia di Panzeri, 67 anni, anche lei coinvolta, sono state poste agli arresti domiciliari dalla polizia italiana.
“Il gruppo di amici”
Francesco Giorgi, il compagno dell’eurodeputata anch’essa arrestata Eva Kaili, conosceva il suo ruolo nel Qatargate. Durante un interrogatorio di un’ora, ha ammesso di controllare denaro marocchino e del Qatar, ma ha definito Panzeri un vero e proprio ragno nella tela.
I ricercatori sospettano che oltre a Panzeri e Giorgi, anche altri italiani appartengano a quello che nel dossier chiamano “il gruppo degli amici”. Tra loro, Andrea Cozzolino, europarlamentare membro della sottocommissione diritti umani e che si occupa anche dei rapporti Ue con il Marocco.
Poiché Cozzolino parlava spesso a bassa voce del Qatar e del Marocco, i ricercatori vogliono sapere se è stato pagato per questo. Tuttavia, non è formalmente accusato di nulla. Alla Repubblica informa il politico che la sua posizione è stata “sempre pubblica e politica” e che non ha mai subito pressioni.
mani Pulite
L’attenzione al Qatargate in Italia è alta. A causa dei protagonisti italiani, certo, ma anche perché lo scandalo ricorda un trauma politico: negli anni ’90 i magistrati scoprirono un’enorme rete di corruzione all’interno della politica italiana con la cosiddetta “operazione mani pulite”. I media italiani chiamano questo scandalo europeo le “mani pulite” del 21° secolo.
“Questo scenario è oggettivamente preoccupante”, ha detto questa mattina il premier di estrema destra Meloni. “In situazioni come questa, la nostra risposta è molto importante. E quella risposta deve essere forte. Si tratta della credibilità dell’Unione e dei nostri paesi. Vogliamo che questo sia indagato a fondo, perché la portata di questo scandalo è devastante”.
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