Nella zona “verde” dell’ospedale di Sassuolo, dedicata a pazienti internisti con intensità di cura media, è stato rilevato l’inizio dell’epidemia di Covid-19 che attualmente colpisce 15 pazienti; coloro che hanno richiesto il ricovero continuativo sono stati trasferiti in una delle due zone “Covid” già presenti in ospedale.
L’area, che non è una di quelle normalmente predisposte in ospedale per l’assistenza dei pazienti positivi al SarsCov2, accoglie solo le persone che, al momento del ricovero, sono risultate negative al doppio tampone (antigene + molecolare). Tuttavia, l’elevato numero di ricoveri gestiti dall’ospedale a cavallo dell’ultimo picco pandemico ha richiesto, per circa due settimane, l’aumento del numero di posti letto dedicati ai pazienti covid positivi, interessando anche la zona “ verde ”. . In ogni caso, le valutazioni sull’origine dell’epidemia sono ancora in corso, in stretta collaborazione con il Ministero della Salute Pubblica dell’USL di Modena.
La conferma della positività è apparsa grazie al protocollo di screening che l’ospedale ha predisposto su tutti i suoi reparti: infatti, oltre al prelievo al momento del ricovero, prosegue per 48 ore il monitoraggio dei pazienti “negativi”. Dopo l’ingresso in struttura e successivamente ogni 72 ore. L’ipotesi più probabile, in base all’analisi incrociata dei vari campioni prelevati, è che i primi casi positivi siano da considerarsi come soggetti che hanno incubato l’infezione già prima del ricovero, risultando positivi solo dopo il terzo campione.
Tutte le misure di contenimento straordinarie sono già state messe in atto, compreso il posizionamento dei pazienti sospetti in una stanza. Inoltre, sono state ulteriormente ridotte le visite familiari, già limitate ai malati terminali e non autosufficienti. E ‘già stata eseguita la completa disinfezione delle stanze e di tutti gli altri ambienti della zona “verde”.
Dai il selezione gli operatori sanitari e quelli dei servizi che accedono alla zona “verde” non si sono verificati casi positivi di Covid-19. Le indagini microbiologiche richieste sui tamponi dei pazienti interessati hanno dimostrato la compatibilità di 3 varianti del virus: il classico, l’inglese e il brasiliano.
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