“Se io sono potente, lo sarai anche tu.” Così Pietro Polizzi, candidato alle elezioni comunali nel capoluogo siciliano Palermo, ha detto all’imprenditore edile locale e boss mafioso Agostino Sansone. In cambio dei voti dei suoi sostenitori, dopo la sua elezione, concederà favori politici a Sansone.
Poiché la procura siciliana ha ascoltato la conversazione, Polizzi e il boss della mafia Sansone sono stati arrestati la scorsa settimana con l’accusa di ingerenza politica. Ieri è stato arrestato un secondo candidato, che aveva anche chiesto l’appoggio di un locale Capo†
I palermitani votano oggi, come milioni di altri italiani, un nuovo sindaco e un nuovo consiglio comunale. Sebbene l’accusa abbia lavorato duramente nelle ultime settimane per prevenire le infiltrazioni, le preoccupazioni al riguardo sono tutt’altro che finite.
Candidato dopo una pena detentiva
Si parla da settimane anche della candidatura di Salvatore Cuffaro (64), ex governatore della Sicilia. Nel 2011 è stato condannato a quasi cinque anni di reclusione per aver aiutato i mafiosi e averli tenuti informati sulle indagini in corso contro di loro.
Ora che Cuffaro è di nuovo libero, pensa di avere il diritto di ricandidarsi. “La costituzione italiana afferma che una volta scontata la pena, non sarai incarcerato per il resto della tua vita”, ha detto all’agenzia di stampa Reuters. Dopo la sua condanna, Cuffaro ha lavorato come volontario in Burundi in Centrafrica e dice di essere lui stesso una persona nuova. “Hai il diritto e l’obbligo di vivere.”
Attivisti e pubblici ministeri antimafia non sono d’accordo con lui. “Fingere che non sia successo nulla, anche dopo una tale condanna, è come cancellare la storia. È come cancellare la responsabilità politica e morale”, ha detto a Reuters l’ex procuratore Gian Carlo Caselli.
30 anni dopo i tentativi di omicidio
Che la mafia siciliana di Cosa Nostra sia ancora legata al sistema politico palermitano diventa chiaro in un momento doloroso. Il mese scorso, l’Italia ha commemorato il brutale assassinio dei giudici inquirenti siciliani Giovanni Falcone e Paulo Borsellino, ormai 30 anni fa. Entrambi sono stati uccisi da esplosivi piazzati da Cosa Nostra.
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