Gabriele Tadini, capo della fabbrica funivia di Mottarone, “per molto tempo“ commesso «cattiva condotta, di cui era pienamente consapevole, condotta nel totale disprezzo della vita umana con leggerezza sconcertante», scrive su gip da Verbania nell’ordinanza con cui ieri sera non ha convalidato l’arresto dei tre indagati accusati di omicidi plurimi per il disastro della funivia del Mottarone. Il capo servizio, arrestato per omicidio colposo a causa della caduta della cabina in cui domenica scorsa hanno perso la vita 14 persone, è uscito dal carcere di Verbania ma agli arresti domiciliari per il pericolo di reiterazione del delitto, visto che “per molto tempo” sarebbe hanno disattivato il sistema di frenata di emergenza nella cabina numero 3.
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L’OMISSIONE – Tadini sarebbe anche rimasto in silenzio, prima della tragedia, sul rumore dell’impianto frenante confessato ai magistrati il giorno del disastro. A testimoniare un tecnico Rvs, società che si occupa (in subappalto) della manutenzione della funivia del Mottarone, sentita dai carabinieri. “Tadini non mi ha mai detto di aver sentito un rumore legato alla perdita di pressione dell’impianto frenante della cabina”. L’uomo ha poi confermato che gli interventi erano avvenuti su richiesta del responsabile operativo Enrico Perocchio e che durante l’ultimo intervento del 3 maggio, Tadini ha taciuto su questi rumori che ha invece confessato ai magistrati.
COMPITO PER CASA – Per il giudice, che sulla base delle dichiarazioni del capo servizio ha smantellato il contraddittorio, il modo di agire di Tadini suggerisce che «non ha la capacità di comprendere la gravità del suo comportamento e che, trovandosi in situazioni simili, ripete con la stessa leggerezza che sono gli altri comportamenti tanto dannosi per la comunità”, si legge nel provvedimento di 23 pagine. Gli arresti domiciliari vengono concessi non appena “è pulita, per via delle confessioni fatte e del contesto familiare”. in cui lei vive. libertà (rimangono sotto inchiesta) per il direttore dello stabilimento Luigi Nerini e per il direttore operativo Enrico Perocchio, evocati dalla confessione di Tadini.
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TESTIMONIANZE – “E’ stato Tadini a ordinare di mettere le scarpe” che impediscono all’impianto frenante di entrare in funzione. E’ una delle testimonianze rese da un operaio della funivia del Mottarone presente nell’ordinanza del gip di Verbania Donatella Banci Buonamici. “L’installazione di questi blocchi è già avvenuta dall’inizio della stagione di quest’anno, esattamente il 26 aprile. C’era infatti un problema all’impianto frenante della cabina numero 3, per il quale è stato richiesto l’intervento di una ditta specializzata, che però non aveva risolto il problema”, racconta una delle funivie al lavoro la mattina del disastro. .
“Tadini ha ordinato all’impianto di funzionare con i ceppi inseriti anche se non erano garantite le necessarie condizioni di sicurezza (…). La cabina numero 3 è stata guidata a lungo con i tronchi inseriti, per evitare che durante il viaggio venisse applicato il freno di emergenza e quindi impedire il funzionamento dell’intero sistema”, sono le rivelazioni confermate, per la maggior parte, da altri quattro lavoratori sentiti dai fucilieri. indagare sulle cause dell’incidente. Il problema della caduta di pressione nell’impianto frenante è noto da entrambi gli interventi ed è svolto dalla società Rvs di Torino alla quale Leitner (responsabile della manutenzione) aveva subappaltato gli interventi sulle centraline del sistema di controllo della frenata. Un dipendente, si legge sempre nel verbale, chiede a Tadini se non è rischioso lasciare inserite le forcelle che impediscono la frenata in caso di emergenza, ottenendo in risposta: “”Prima che un trattore o una testa in ghisa si rompa, devi “. Ricordo bene quelle parole, non ho risposto a quelle parole anche perché lui è il mio manager”. Aggiunge che in passato si era rivolto direttamente al responsabile di un problema, ma “Luigi Nerini ha ascoltato solo quello che gli ha detto Gabriele Tadini”.
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Il canale sembra abbastanza chiaro dalla lettura dei verbali dei dipendenti. Anomalie e richieste di intervento “vengono segnalate direttamente al responsabile dello stabilimento, che è Tadini, che poi informerà il direttore dello stabilimento di Perocchio e poi verranno contattate ditte esterne” per le sostituzioni. Tadini, sentito come testimone diventato investigatore, dice che la sua decisione di usare le forchette è stata approvata da Nerini e Perocchio. “Nessuno mi ha detto di andare avanti con il taglio dell’impianto frenante, ma mi hanno detto di andare comunque”, ha detto ai magistrati. C’è solo un dipendente che fa dichiarazioni parziali sulla consapevolezza di manager e ingegneri, ma è l’operaio che questa domenica mattina risponde all’ordine di togliere i tronchi quindi “era ben consapevole del rischio di essere lui stesso incriminato per aver contribuito con la sua condotta, che avrebbe potuto benissimo rifiutare, a provocare la morte dei 14 turisti.
RESPONSABILITA’ – Secondo il gip, Tadini sarebbe implicato il direttore Luigi Nerini e il direttore operativo Enrico Perocchio, precisando che i due avevano avallato la sua scelta di posizionare le forche per disattivare i freni, per condividere “questo enorme peso, anche economico” con le “solo due persone che avrebbero avuto la possibilità di chiedere il risarcimento del danno. ”Per questo ha chiamato i “soggetti forti del gruppo” “in cooperazione”, per mitigare le sue “responsabilità”. Scrive il gip di Verbania. Le “scarse dichiarazioni di Tadini”, spiega il gip “, compiuto nella notte, 7 ore dopo essere stato convocato in caserma, alla presenza di un difensore d’ufficio”, non ha consentito “nessuna verifica di attendibilità, né alcuna possibilità di precisare e circostanziare le accuse a carico dei co-indagati”. E, continua il giudice, “neanche nessun riscontro di esperienza ”è emerso” dalle dichiarazioni già rese dai dipendenti delle Funivie Mottarone ”sentite nelle inchieste del 25 maggio.
Ultimo aggiornamento: 11:58 AM
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