“Ho paura di non restare in vita” – Corriere.it

Ci hanno picchiato da mezzogiorno alle 22:00. Ho paura che non rimarrà vivo. Dire che sono terrorizzato non è abbastanza per esprimere come mi sento. Sento qualcosa di caldo uscire dal mio corpo. Rimango completamente in silenzio, anche quando mi colpiscono non riesco nemmeno a gemere. sono sicuro che uccideranno Esmail e che questa oscurità non finirà mai (sindacalista Esmail Bakhshi alla raffineria di Haft Tappeh, imprigionato e torturato per il suo ruolo nella mobilitazione del 2018, ed).

Stiamo guidando su una strada che sembra in salita, dopo un po’ l’auto si ferma. Dalle voci intorno a me capisco che hanno buttato a terra Esmail e lo stanno trascinando via. morto? Sono morto? Improvvisamente riattaccano dalla mia parte e mi colpiscono di nuovo. Scendo dalla macchina. Mi accusano: hai sporcato la macchina con il tuo sangue. Poi, tirando un pezzo di cartone che mi hanno messo in mano, mi indirizzano altrove. Sono bendato e non vedo dove sto andando. So solo che mi portano giù per un pendio in una stanza. Tremo e li prego di farmi vedere una babysitter, ma in risposta mi gridano: una donna, e perché? Qui muori.


Sono circondato solo da voci maschili, e questo mi fa tremare ancora di più. Mi stanno portando da qualche parte, non so dove. Mi danno un cambio di vestiti. Entra e cambiati i vestiti. una vecchia uniforme blu scuro sporca, così grande che devo tenermi i pantaloni con la mano. La mia perdita di sangue molto intensa. da stamattina mi insultano. Ho paura di chiedere assorbenti igienici. Ho paura di essere insultato e picchiato di nuovo. La guardia mi spinge in avanti, tenendo in mano il pezzo di cartone, che chiamano bastone. Il bastone mi fa paura, non so perché. Mi spingono in un angolo. Resta qui per qualche minuto finché il tuo laptop non è pronto. Nel frattempo, non parlare con altre donne nelle celle!

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Mio Dio! Quindi finirà per vedere un’altra donna? Entro nella cella. Il mio corpo coperto di lividi. Faccio fatica, la porta della cella si chiude dietro di me.

Alzo la benda e vedo una donna con la stessa uniforme, velo e benda sollevate dagli occhi. Una coperta copre la parte inferiore del corpo. Dopo dieci ore di torture e terrore, appena la vedo ho l’impressione che sia tutto finito. La abbraccio e, senza fare domande, ci singhiozza l’uno nelle braccia dell’altra. Mi chiede il mio nome. Goli… No, Sepideh rispondo. Stiamo ancora piangendo.

Hanno ucciso Esmail, voglio dire. Invece di chiedere chi è Esmail, mi accarezza la testa e dice: Stanno uccidendo tutta la mia famiglia. le chiedo il nome. Risponde: Il mio nome è Makieh… Makieh Nisi. Sono qui da ventuno giorni. Makieh si rende conto che mi fanno male la testa e il collo. Mi massaggia il collo e mi chiede: perché sei qui?

Perché ero alla manifestazione sindacale. Perché sei qui?

Non hai paura se te lo dico?

Ci accusano di essere membri dello Stato Islamico. Non hai paura?

Perché dovrei avere paura? Oggi l’ho visto, ISIS. Loro sono ISIS, non tu. Improvvisamente un carceriere apre la porta. (…) Mi porta nella cella successiva. Prima di chiudermi dentro mi ha detto: domani informerò il tuo interrogatore che il popolo dello Stato Islamico ti ha sedotto.

Diari dal Carcere (Gaspari Editore) di Sepideh Gholian uscirà in Italia su iniziativa del festival Vicino/Lontano e delle Biblioteche del Comune di Udine, con il patrocinio di Amnesty International. Arrestato nel 2018, Gholian ha seguito come giornalista lo sciopero dei lavoratori dello zuccherificio di Haft Tappeh nel Khuzestan, provincia a forte minoranza di lingua araba, emarginata e odiata dalle autorità, anche a causa dell’esistenza di gruppi separatisti. dove la repressione del dissenso è ancora più dura che altrove. I Diari saranno presentati a Udine il 1 luglio, giornata inaugurale di Vicino/Lontano, da Luciana Borsatti, giornalista, traduttore Fabrizio Foschini e dal regista Ansa Fvg Francesco De Filippo. Info vicinolontano.it

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28 giugno 2021 (modifica 29 giugno 2021 | 05:43)

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