Opposizione in carcere o in esilio. Pechino soddisfatta: tutto è andato per il verso giusto
Le elezioni di Hong Kong si sono svolte nell’ordine scritto dall’agenzia di stampa cinese Xinhua, rallegrandosi del successo contro la campagna di calunnia condotta da forze esterne. Nessun commento sui vincitori e vinti del Consiglio Legislativo, Parlamento di territorio dell’amministrazione speciale: non c’è bisogno di soffermarsi sui nomi, perché Pechino si era già assicurata che fossero solo i benvenuti, riservando con una riforma introdotta a marzo i 20 seggi offerti dal suffragio popolare ai patrioti, vale a dire politici che amano la Cina e il governo comunista che lo ha guidato incontrastato e incontrastato per più di settant’anni.
Il nuovo meccanismo elettorale è stata data all’ex colonia britannica per migliorare il sistema, che tradotto dalla lingua di Pechino significa spegnere l’opposizione ed evitare che si ripeta lo shock del 2019, quando dopo mesi di proteste e scontri di piazza il fronte democratico anticomunista aveva ha vinto il 90% dei seggi nei consigli distrettuali.
La clausola patriottica ha chiuso la bocca ai candidati non allineati e, di certo, la riforma migliorativa scritta a Pechino ha stabilito che solo 20 dei 90 seggi del Consiglio legislativo lasciano il voto popolare; Altri 40 sono assegnati da una commissione elettorale di 1.448 anziani devoti al Partito ei restanti 30 distribuiti da società commerciali che hanno interesse a rendere felice la madrepatria cinese. Con queste premesse, l’ordine cinese ha regnato sulle elezioni politiche di Hong Kong. Tutto è perfetto, tranne che secondo i dati diffusi un’ora dopo la chiusura dei seggi elettorali, solo il 30% dei 4,5 milioni di Hong Kong con diritto di voto è andato ai seggi elettorali (in diminuzione rispetto al 58% del 2016). Indipendentemente da ciò, il direttore esecutivo (governante) Carrie Lam afferma che la bassa affluenza alle urne indica la soddisfazione del pubblico nei confronti del governo.
Nel suo editoriale su queste elezioni riservate ai patrioti, il Xinhua ha invece esaltato il 98% di affluenza tra i 1.448 membri della commissione elettorale, che, oltre a scegliere direttamente 40 deputati, aveva vagliato le credenziali patriottiche dei candidati. Il risultato è che per i 90 posti in palio solo 153 candidati si sono presentati contro 289 alle elezioni del 2016 e non più di 10 hanno osato dichiararsi simpatizzanti del movimento di opposizione al governo locale (pur giurando necessariamente fedeltà alla Cina e al suo sistema politico).
La sostanza delle elezioni del Consiglio Legislativo e il nuovo ambiente politico creato dalla legge sulla sicurezza nazionale cinese introdotta a Hong Kong nel luglio 2020 che è l’unico luogo in cui gli oppositori possono dichiararsi in città in prigione o in esilio. A gennaio, la polizia ha fatto irruzione e ha arrestato 47 espositori la più nota opposizione, che ha denunciato nel 2020 organizzando le primarie in campo democratico: secondo l’accusa, avevano mire sovversive perché miravano ad ostacolare l’azione del governo. Chi l’ha fatto in tempo è fuggito in autoesilio all’estero. E tra i pochi rimasti liberi a Hong Kong, altri 10 sono finiti in carcere nei giorni scorsi per incitamento all’astensione: c’è anche una legge per questo che prevede condanne fino a tre anni di carcere. Le elezioni si sono quindi svolte in ordine.
19 dicembre 2021 (modificato il 19 dicembre 2021 | 23:43)
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