I coltivatori italiani e spagnoli hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia del pomodoro di oggi

I coltivatori italiani e spagnoli hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia del pomodoro di oggi

Ha fatto luce uno studio sviluppato nell’ambito del progetto europeo Traditom, guidato dall’Istituto di Biologia Molecolare (IBMCP), un centro congiunto dell’Università Politecnica di Valencia (UPV) e del Consiglio superiore per la ricerca scientifica della Spagna (CSIC). sul mistero di come i coltivatori europei siano riusciti a generare una grande diversità varietale da una diversità genetica trascurabile.

Lo studio, che ha analizzato 1.254 razze europee tradizionali e moderne mediante sequenziamento della genotipizzazione e pubblicato nel Giornale di botanica sperimentaleha confermato l’esistenza di due grandi gruppi di varietà, la spagnola e l’italiana, oltre ad un altro, probabilmente di data più recente e principalmente frutto dell’ibridazione di piante delle due regioni.

In questo modo, secondo gli autori dello studio, nonostante la limitata diversità genetica proveniente dalle Americhe, il Mediterraneo è diventato un centro secondario di diversità che ha generato molte razze che sono state poi esportate nel resto del mondo.

“In Spagna e in Italia, ad esempio, molte varietà sono state sviluppate e adattate alle preferenze locali. La maggior parte di loro non viene più coltivata o coltivata solo per i mercati locali, ma la loro eredità sopravvive. Quasi tutte le varietà coltivate oggi nel mondo, provengono da una di queste due regioni o da un incrocio di pomodori di queste due regioni”, spiega Antonio Monforte, ricercatore del CSIC e coautore dello studio.

L’analisi di sequenza delle varietà europee ha rilevato 298 posizioni molto variabili e molte varietà presentano caratteristiche morfologiche selezionate dagli allevatori.

È stato inoltre osservato nell’ambito del progetto Traditom che il 25% delle piante tradizionali studiate contengono moderni geni di resistenza alle malattie introdotti da allevatori professionisti.

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“Guardando al futuro, dobbiamo imparare da ciò che ha funzionato in passato. I coltivatori e gli allevatori hanno sempre cercato le migliori varietà e per ottenerle hanno utilizzato le conoscenze e i materiali disponibili all’epoca. L’orticoltura sta attualmente affrontando una grande sfida : nutrire le persone nel mezzo di cambiamenti climatici sempre più evidenti, in modo sostenibile. Ci sono solo due strade possibili: progresso tecnologico o fame e distruzione dell’ambiente”, concludono José Blanca e Joaquín Cañizares, due ricercatori UPV e co- autori dello studio.

Fonte: csic.es

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