L’attuale crisi in questo Paese nordafricano, che rischia la guerra civile, dovrebbe farci aprire gli occhi: abbiamo un grave problema di sicurezza ma non sembriamo rendercene conto
VSCosa dovrebbe suggerirci l’attuale crisi in Tunisia, Paese che in qualsiasi momento potrebbe precipitare nel caos della guerra civile? La crisi tunisina dovrebbe costringerci ad aprire gli occhi. L’Europa ha un serio problema di sicurezza ma sembra non rendersene conto. Lo sanno i professionisti che se ne occupano a vario titolo nei paesi europei, ma l’opinione pubblica non lo ha ancora capito. Il problema della sicurezza dell’Europa si può riassumere così: Madre America sembra voler abbandonare i cuccioli al loro destino, non sembra più disposta a proteggerli dalle minacce imminenti. L’America è cambiata e le minacce sono cambiate.
Pensiamo all’Italia, il Paese europeo più esposto a quanto sta accadendo sul versante sud del Vecchio Continente. La visita in Libia del ministro degli Esteri Di Maio, succeduto tempo fa al presidente del Consiglio Draghi, mostra l’attenzione e la preoccupazione del nostro governo. Siamo in balia di possibili massicce ondate migratorie (se davvero scoppia la guerra civile in Tunisia, ce ne accorgeremo subito) e il Mediterraneo è sempre più un mare controllato da potenze ostili: Russia, Turchia. Nei prossimi anni saranno loro a supervisionare/amministrare il traffico di esseri umani tra Africa ed Europa. C’è poi il rischio terrorismo: in Maghreb, Tunisia e Libia in testa, come in altre parti dell’Africa, sono innumerevoli i jihadisti in attesa di un’occasione per mettersi in proprio.
Lprova che l’Italia, ad eccezione ovviamente del governo, non ha la minima conoscenza dei rischi che stanno emergendo e che possono essere facilmente verificati: Trovi che anche uno dei partiti abbia schierato, con la benedizione del leader, un politico autoritario ed esperto, in grado di parlare al Paese di questioni internazionali e di sicurezza senza ricorrere a slogan e propaganda a buon mercato? ? Non ne troverai. Se l’opinione pubblica fosse allertata, se la consapevolezza dei rischi fosse generalizzata, i partiti sarebbero costretti a dotarsi di un dialogo intelligente con gli elettori.
Il resto d’Europa non sta meglio. Per anni abbiamo giocato con slogan senza senso. Qualcuno ricorda il ritornello sull’Europa come potenza civile? L’idea era che noi europei, nei nostri rapporti con il resto del mondo, fossimo un esempio di virtù: civili, cioè pacifici, in contrapposizione a quei brutali e violenti cowboy americani. Era un’immagine di autocompiacimento. L’Europa poteva permettersi di sostituire la spada con la diplomazia e il commercio, perché godeva della protezione americana. Protezione che non consisteva solo nell’ombrello atomico. L’America ci proteggeva anche perché custodiva tutti i luoghi strategici e potenzialmente pericolosi per l’Europa, a est della Russia e in Medio Oriente. L’ignoranza europea della realtà dei fatti era tale che, sebbene godessimo della loro protezione, molti di noi criticavano gli americani per non aver creato un Stato sociale tipo europeo. Oltre alle diverse tradizioni culturali, c’era il piccolo dettaglio che l’Europa, nel secondo dopoguerra, aveva potuto permettersi il lusso di sviluppare costosi sistemi di protezione sociale perché, grazie alla protezione americana, disponeva di risorse che altrimenti avrebbero dovuto investire in armamenti. e difesa.
C’è ancora qualcosa che possiamo ragionevolmente chiamare Occidente? Cioè, l’Occidente in senso politico, ovviamente. Ti consiglio di leggere di piùilFogliaL’ottimo e doloroso saggio di Léon Wieseltier, ispirato all’internazionalismo wilsoniano, sulla nuova America.
Le accese polemiche di Trump contro l’Europa sono state sostituite dai sorrisi, dalle strette di mano e dalle pacche sulle spalle di Biden. Se è così? Per il momento nessun segnale indica (a parte una possibile ripresa dei negoziati sul nucleare Usa/Iran) un cambio di politica rispetto ai tempi dell’amministrazione Trump riguardo al Medio e Vicino Oriente. Il vuoto di potere lasciato dagli americani – e al quale Biden non sembra intenzionato a porre rimedio – riempito da altre grandi potenze (Russia, Cina) che ogni giorno rafforzano le proprie posizioni e lasciano massima libertà d’azione ai neoimperialismi regionali (Turchia, Iran ). E se scoprissimo che la risposta alla domanda esiste ancora in Occidente? è negativo, se diventa evidente che anche Biden non è in grado di avvicinare gli Stati Uniti e l’Europa (almeno in termini di sicurezza), se si vede l’impossibilità di assicurare un impegno americano rinnovato e deciso sul nostro fianco meridionale in cambio del sostegno europeo nella competizione tra americani e cinesi, allora c’è solo speranza per l’Europa. I governi dei Paesi che contano di più, Germania, Francia ma anche Italia, dovrebbero prendere atto delle mutate condizioni internazionali, risvegliare le rispettive opinioni pubbliche e prendere decisioni coordinate per affrontare i nuovi pericoli.
Ma c’è un ma, in realtà diversi ma. Non solo la Germania, la Francia, e prima o poi anche l’Italia, devono affrontare campagne elettorali che tendono a paralizzare le iniziative di governo. Non solo che la Germania, ancora prigioniera dei fantasmi del passato, non voglia assumere la posizione di leadership che merita in termini di sicurezza.
C’è anche un altro fattore che favorisce l’inerzia europea, ed è il fatto che gli europei percepiscono le minacce in modo diverso. Con poche rare eccezioni: l’intervento italiano nel Sahel a fianco della Francia nasce dalla volontà convergente di fermare, prima che minacci tutti noi, il radicamento dell’estremismo islamico. L’improvvisa decisione di Macron di ritirare il contingente militare francese dal Mali mette in dubbio il futuro di questa missione. Di solito non esiste una valutazione comune del rischio: è più facile che oggi, in altre capitali europee, sussurrare: una guerra civile in Tunisia potrebbe minacciare l’Italia? Facciamo presto agli italiani. Sii loro. Poiché non esiste una percezione identica delle minacce, la tendenza, per la maggior parte, è: ognuno per sé. Certo, se a medio termine un importante Paese europeo si trova in difficoltà, anche il resto d’Europa ne subirà le conseguenze. Ma le democrazie non sono interessate a ciò che potrebbe accadere a medio termine. solo i conti brevi. Forse dovremmo sperare che, nonostante le apparenze contrarie, la risposta alla domanda esista l’Occidente? Lei è sempre positiva.
2 agosto 2021 (modificato il 2 agosto 2021 | 21:03)
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