Quando diciamo la profondità culturale degli argomenti. Michela Murgia, pseudo-scrittrice, scrittrice, influencer e opinionista televisiva su qualsiasi argomento di conoscenza, e ovviamente senza avere alcun titolo, è riuscita in compagnia di inventare un mestiere. Molto nobile, non avendone uno che possa definirlo. Ma il lavoro che le permetterebbe davvero di insegnare ad Harvard è: la showgirl dell’assurdo.
Da Salvini che avrebbe “trasformato il Mediterraneo in un cimitero”, a Zan Ddl che potrebbe “iniziare a cambiare cultura nelle scuole” (secondo un ex docente di religione è ancora più preoccupante), allo choc della divisa indossata da Figliuolo, ai maschi che sarebbero come i “figli di un boss mafioso”. Potrebbe andare avanti all’infinito.
Ma oltre ad avere la tendenza a mistificare totalmente la realtà a vantaggio di una causa ideologica ben precisa, tutte le scoperte della Murgia (che ovviamente ha una squadra di spin doctor di alto livello, visto che con le sue stupidaggini riesce a monopolizzare il dibattito per giorni) sono caratterizzati da un preoccupante riduzionismo di fondo.
Per la Murgia tutto è bianco o nero, ogni questione, anche la più complicata, si risolve in pochi minuti con una sentenza efficace, una tesi bizzarra e senza la minima conoscenza del tema preciso.
L’ultima trovata, in ordine cronologico, è se possibile il suo manifesto ideale.
Poche ore fa, forse in preda alla noia, la Murgia postata tra i racconti di Instagram uno screenshot (poi scomparso) di una vecchia chat su Whatsapp con un misterioso interlocutore che le chiedeva cosa ne pensasse del conflitto tra israeliani e palestinesi. Quest’ultimo, già nell’introduzione, crede erroneamente di rivolgersi a una persona molto profonda e consapevole, dalla quale può acquisire un nuovo punto di vista. E chiede: “… so che questa è una domanda complicata – scrive la mittente alla femminista – che è difficile capire dove siano i torti e le ragioni, ma neanche tu puoi rispondere in questo momento…”.
Turbo-Murgia, al contrario, non ha motivo di prendersi tempo. Dopotutto, questo è uno scontro assolutamente districato, che dura solo 80 anni e non richiede alcun tipo di delicatezza e apertura mentale. Dopo tre minuti, in numero, risponde: “Non è per niente complicato. HamasE come se non bastasse, il tutto accompagnato da una didascalia dal tono di rinforzo: “Pulisci le tue cartelle di immagini e trova vecchi screenshot di cui essere sempre orgoglioso”.
Ma orgoglioso di cosa? Il conflitto arabo-israeliano continua a mietere vittime, a costringere decine di migliaia di persone a vivere in un clima indecente, a creare spaccature ideologiche anche all’interno degli stessi fronti contrapposti. Ma per Murgia tutto è semplice: basti pensare che è Hamas. Un movimento, ricordiamolo, che Israele ma anche l’Unione Europea, gli Stati Uniti, il Canada e il Giappone, sono classificati tra le organizzazioni terroristiche. E che, comunque si possa pensare al conflitto stesso, ha una matrice fondamentalista islamica per nulla “petalo” e per nulla favorevole ai diritti delle donne, dei gay e delle altre culture in genere. Insomma, Hamas sconfessa totalmente tutto ciò che la Murgia predica 364 giorni all’anno. Quando non è impegnata, in quel che resta, a sondare le chat di Whatsapp e riuscire nell’impresa di dire sciocchezze contrarie a quanto di solito professa ma altrettanto assurde.
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