Il primo effetto si farà sentire dal 1 gennaio del prossimo anno. Quando ti fermi con la macchina a una stazione di servizio, qualcosa sarà cambiato. Il prezzo del diesel. Sarà più alto e quindi il rifornimento costerà di più se l’auto è guidata con un motore diesel. E a poco a poco, di anno in anno e per dieci anni, i centesimi in più aumenteranno, fino a raggiungere lo stesso prezzo della benzina, verde che ora è più cara del diesel. Per capire come prenderà forma questo cambiamento che renderà le auto diesel poco pratiche in termini di costi di rifornimento, è necessario entrare nei locali del Ministero dell’Ambiente. È qui che il titolare Sergio Costa, voluto dai 5 stelle, sta portando avanti un progetto che mira a ridurre parte dei cosiddetti sussidi ambientali dannosi, termine che comprende anche la tariffa ridotta sul gasolio.
Il piano del governo
Il lavoro parte da lontano perché entrare in possesso di sussidi ambientali dannosi risponde sì ad una logica di tutela dell’ambiente e della salute, ma allo stesso tempo incide su vantaggi e concessioni essenziali per settori come il trasporto su gomma. Molti, nei governi precedenti e con sfumature diverse, ci hanno provato. Nessuno è riuscito. L’operazione è chirurgica, ma molto rischiosa per i motivi sopra citati. Dei 19,8 miliardi di sussidi dannosi concessi dallo Stato, 17,7 miliardi sono destinati a sostenere le cosiddette fonti fossili. E il diesel è uno di questi. Assorbe la maggior parte delle risorse. L’obiettivo d’ora in poi è aumentare progressivamente la relativa aliquota fiscale e portarla, nel 2032, allo stesso livello della benzina. Partiremo dal divario attuale (l’accisa sul gasolio è di 0.617 € al litro, quella sulla benzina è di 0.728 € al litro) e gradualmente andremo fino all’allineamento definitivo.
Il punto di caduta operativo dell’intervento si concretizzerà tra un mese, con la legge finanziaria, dove il Ministero dell’Ambiente punta ad inserire il taglio dei sussidi ambientali dannosi per un valore che nel 2032 consentirà di recuperare 2,8 miliardi . Di questi 2,67 miliardi arriveranno dall’annullamento della differenza tra le tariffe del gasolio e della benzina.
La spinta di Grillo
Il piano di Costa, scelto come 5 stelle Ministro dell’Ambiente, mette in luce il tanto necessario cambiamento verde che il Movimento sta cercando di rimettere al centro della sua agenda. Covid ha sbalordito molte misure pensate in questa direzione, a partire dall’introduzione della tassa sulle materie plastiche che il governo ha deciso di rinviare al prossimo anno. E anche i green bond devono ancora decollare. Negli ambienti M5 si segnala che non è un caso che Beppe Grillo sia tornato a spingere per le rinnovabili, proprio come alternativa ai combustibili fossili. Il cofondatore del Movimento ha tenuto un discorso audio al Senato in occasione della presentazione delle norme che danno ai condomini e alle piccole e medie imprese la possibilità di avere un incentivo a produrre energia da fonti rinnovabili e per consumarlo direttamente, senza doverlo mettere in rete. E non è un caso che lo stesso Grillo abbia adottato la stessa linea che sta alla base del piano del ministero: “L’energia fossile deve essere costosa, non poco, e tutte queste tasse possono essere ridistribuite a favore. energie rinnovabili “. Il piano di Costa prevede un virtuoso meccanismo di zero balance: la riduzione delle concessioni dannose sarà compensata da sussidi rispettosi dell’ambiente.
Il nodo di destinazione della risorsa
Ma cosa accadrà al denaro che verrà raccolto riducendo i sussidi dannosi per l’ambiente? Lo zero balance proposto da Costa implica che queste stesse risorse debbano essere convertite in incentivi verdi, ma il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha più volte affermato che questi soldi servono a finanziare la riforma fiscale per ridurre le tasse. La domanda è ancora aperta. Dal Ministero dell’Ambiente hanno fatto sapere che i lavori in corso non sono finalizzati al guadagno, confermando così che il risparmio verrà immediatamente utilizzato a favore di tutti coloro che saranno interessati dal taglio. Le misure, infatti, avranno un impatto non solo sui cittadini che vanno a fare rifornimento, ma su tutto il settore automobilistico. D’altro canto, sarà escluso il settore del trasporto su strada, il che richiede comunque chiarezza. Le associazioni che rappresentano questo settore sono in allerta e pronte a protestare se il taglio le colpisce. “Se il calo delle accise sul gasolio riguarderà anche noi, la nostra risposta non potrà che essere uno stop al trasporto su gomma, uno sciopero”, ha detto Paolo Uggè, presidente di Fai Conftrasporto.
La protesta del sindacato petrolifero
Chi già protesta è la Petroleum Union, l’associazione che riunisce e rappresenta le principali aziende operanti in Italia nel campo della lavorazione, logistica e distribuzione di prodotti petroliferi e biocarburanti. “Mi sembra che il governo abbia già deciso. Vorrei che le cose si dicessero come stanno e che il diesel paghi di più per il diesel, ha detto il presidente Claudio Spinaci. Radio 24. La battaglia del governo contro il diesel inizia a monte.
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