È ancora una voce, ma che il governo prevede di inserire la riforma collettore tariffe Tassa sul reddito ora sembra essere un dato di fatto. D’altra parte, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il suo proprietario, Roberto Gualtieri, hanno da tempo ipotizzato un intervento sulle tasse attraverso una revisione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, ma i contorni della proposta sono ancora poco chiari e dovranno tenere conto delle linee che l’UE stabilirà per l’accesso Fondi UE per la ripresa della nostra economia dopo il periodo di blocco.
La riduzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche – con la conseguente riduzione del gettito fiscale per lo Stato – infatti, non “va di pari passo” con la riduzione del debito pubblico che, certamente, ne rappresenterà uno diktat dall’Europa e soprattutto dai paesi “frugali” che sul rapporto debito-PIL Gli italiani avevano basato la maggior parte delle loro obiezioni sulle risorse messe a disposizione del nostro Paese.
Quindi, il governo potrebbe procedere gradualmente ma l’unica certezza è che, se da un lato si “taglia”, dall’altra occorre trovare le coperture e non è certo che queste possano provenire esclusivamente dal lotta contro l’evasione fiscale e il cashless. Pertanto, se l’esecutivo decide effettivamente di riorganizzare i tassi, i tagli possono essere solo graduali e probabilmente non interessano tutte le fasce di reddito.
Una prima ipotesi di riorganizzazione dell’amministrazione tributaria derivante dal ministero di via XX Settembre sarebbe quella di una riduzione del aliquote Irpef da 5 a 4, fondendo le due borse (quelle del 38% e del 41%) in un unico 36%. Questa riorganizzazione lascerebbe invariate tutte le fasce di reddito medio-basse, provocando potenzialmente l’opposizione dei gruppi di governo di sinistra, compresi quelli del PD stesso.
La seconda ipotesi è invece quella di un algoritmo, una specie di antiflat in base alla quale sarebbe progressivamente calcolata l’imposta dovuta dal contribuente, con un sistema – ancora poco chiaro – di moltiplicazione dell’aliquota media per il reddito imponibile. In pratica, dalla zona esentasse (reddito annuo fino a 8.174 euro all’anno), mille euro di reddito corrisponderebbero a circa l’1% del reddito imponibile che raggiungerebbe il 38,7% per un reddito di 100.000 euro .
Sarebbe quindi un sistema progressivo che riorganizzerebbe la suddivisione dei pagamenti fissi attualmente in vigore (23% per entrate fino a 15mila euro; 27% da 15 a 28mila euro; 38% da 28 a 55mila euro). ‘euro; 41% da 55mila euro a 75mila euro; 43% per proventi superiori a 75mila euro).
Ed è qui che iniziano i problemi; il sistema, infatti, potrebbe incidere pesantemente sui redditi da 72mila euro – il che porterebbe ad una perdita netta di 244 euro, fino a 781 euro. Insomma, un vero colpo per le fasce di reddito medio-alto che, peraltro, sono tra quelle già escluse dalla maggior parte delle forme di deduzione, detrazioni e premi dell’amministrazione fiscale.
Inoltre, l’incognita è cosa implicherebbe l’introduzione di questo sistema a livello di entrate totali del Tesoro, tenuto conto dell’impossibilità per i fondi statali di gestire una minore liquidità.
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