In Kazakistan le rivolte che, la scorsa settimana, hanno messo in difficoltà il regime di Kassym-Jomart Tokayev sono state ampiamente represse. Secondo quanto riportato dai giornali internazionali, ad Almaty, la città più grande del Paese, e in altri grandi centri urbani, la situazione è relativamente calma, anche dopo l’intervento di 2.500 soldati di un’alleanza di Paesi guidati dalla Russia.
Il governo kazako ha scritto in un comunicato stampa che varie “infrastrutture strategiche” sono ora sotto il controllo della forza militare inviata dalla Russia. In particolare, ha affermato il ministro della difesa russo, le truppe hanno aiutato a riprendere il controllo dell’aeroporto di Almaty, che era stato occupato dai rivoltosi all’inizio delle proteste.
Sabato, il governo kazako ha anche annunciato l’arresto di Karim Massimov, ex primo ministro e capo del Comitato per la sicurezza nazionale, con l’accusa di tradimento e incitamento alla rivolta. Massimov era una delle persone più potenti del Kazakistan ed era uno stretto alleato dell’ex presidente Nursultan Nazarbayev, che ha lasciato il potere a Tokayev nel 2019 dopo aver governato ininterrottamente per quasi tre decenni.
Anche Nazarbayev, che pur avendo lasciato la presidenza mantenne un controllo informale sull’apparato di sicurezza del Paese, fu costretto a dimettersi da ogni carica pubblica quando scoppiarono le rivolte, e lo stesso accadde con altri suoi importanti alleati politici, come il nipote Samat Abish , che era vicepresidente dei servizi di sicurezza, e funzionari a lui fedeli.
Questi movimenti hanno portato molti analisti a credere che dietro le rivolte ci fosse una più ampia lotta di potere tra le fazioni dell’élite kazaka. Danil Kislov, esperto di geopolitica inteso a partire dal New York Times, ha definito le rivolte come “una disperata lotta per il potere” tra la fazione politica fedele a Tokayev e quella fedele a Nazarbayev.
Tale ipotesi è avvalorata anche dal modo in cui si sono svolti i disordini: secondo varie testimonianze sentite dal New York Times, le proteste più violente sarebbero state condotte da gruppi ben armati estranei alle proteste dei cittadini, che avevano iniziato a protestare contro l’aumento del prezzo del carburante.
Tuttavia, queste ipotesi vanno prese con una certa cautela: per ora è difficile ricostruire cosa sia realmente accaduto in Kazakistan, anche perché per gran parte della settimana non c’era internet, per ordine del governo. Inoltre, non si deve pensare che il malcontento che ha provocato l’inizio delle manifestazioni sia stato il risultato di una messa in scena: “Il malcontento, anche sfruttato dalle élite politiche, è decisamente reale”, scriveva il New York Times.
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