La finale della Champions League inglese, tra due squadre molto diverse

Tra il 2010 e il 2016, il proprietario del Chelsea russo Roman Abramovich ha tentato sei volte di assumere Pep Guardiola come allenatore, ma non ci è mai riuscito. Secondo le ricostruzioni dai giornali inglesi, Guardiola ha rifiutato ogni volta per paura dei metodi usati dalla proprietà del Chelsea, che potrebbero ostacolare la sua carriera iniziata con i successi del Barcellona più forte di tutti i tempi.

E infatti il ​​Chelsea ha cambiato allenatore sei volte nello stesso periodo. Dal 2003 – anno in cui l’oligarca Abramovich ha acquistato il club – ad oggi, quindici allenatori diversi hanno allenato la squadra londinese per almeno una partita, alcuni dei quali sono tornati anche anni dopo, come José Mourinho e Guus Hiddink. La gestione apparentemente isterica di Abramovich si può riassumere così: un continuo alternarsi di progetti e risultati, campagne milionarie ed errori di valutazione clamorosi, che non hanno però impedito al club di vincere, di uscire dalla mediocrità del passato e di affermarsi come uno dei grandi club europei.

La prossima stagione è un esempio della situazione al Chelsea. La squadra ha iniziato l’anno allenata dall’ex capitano Frank Lampard, che ha sostituito Maurizio Sarri nel 2019 dopo che quest’ultimo ha vinto l’Europa League. La scelta di Lampard, fan idolo per il suo passato in squadra, si è rivelata sbagliata e ha portato a una delle percentuali di vincita più basse di sempre (52%) e quindi a una rinuncia, a gennaio scorso.

Al suo posto c’era il tedesco Thomas Tuchel, a sua volta esonerato dal Paris Saint-Germain nella stagione in corso. Nonostante il cambio di allenatore e una squadra che sembrava mancare di qualcosa, la stagione del Chelsea non solo ha recuperato, ma si chiuderà con una finale di Champions League, la terza nella storia del club. La finale si giocherà sabato sera in Portogallo tra il Chelsea e un’altra squadra inglese, il Manchester City, squadra gestita in modo completamente diverso e allenata da Guardiola.

Thomas Tuchel e Pep Guardiola (Martin Rickett – Pool / Getty Images)

Il City, come il Chelsea, è stato uno dei club inglesi la cui storia è cambiata completamente durante il periodo di massimo splendore della Premier League. Dopo aver trascorso decenni all’ombra del Manchester United più vincente e famoso, l’arrivo di importanti capitali straniere, prima dalla Thailandia e poi dagli Emirati Arabi Uniti, ha portato alla vittoria di cinque scudetti in un decennio, prima con Roberto Mancini, poi con Manuel Pellegrini e infine con Guardiola, l’allenatore ha scelto non solo di continuare a vincere, ma di dare una nuova identità all’ambiente.

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Guardiola è in carica dal 2016 e nonostante le difficoltà iniziali, spesso ricorrenti negli ultimi anni, ha sempre beneficiato della fiducia della dirigenza, composta non a caso da due ex Barcellona come lui molto vicini alla Catalogna: Ferran Soriano, amministratore delegato, e Txiki Begiristain, direttore sportivo. I tre hanno presentato la loro idea di calcio ragionato, propositivo e costantemente innovativo. Quando ha vinto il campionato, come quest’anno, la città di Guardiola lo ha fatto senza dubbio, stabilendo diversi record. La filosofia portata dagli spagnoli ha influenzato anche molte altre squadre inglesi, che oggi giocano un calcio irriconoscibile rispetto al calcio molto più rude del passato.

Negli ultimi anni, però, la Città non è riuscita ad affermarsi con la stessa forza in Europa, dove ha peraltro incontrato le maggiori difficoltà. Il club continua quindi a non annoverare tra le sue vittorie alcun trofeo internazionale, dopo la Coppa delle Coppe che risale al 1970.

Per il City, la finale di Champions League a Porto è dunque l’occasione per chiudere un decennio rivoluzionario sotto molti aspetti, con la coppa più ambita. Dall’altra ci sarà una squadra con un patrimonio altrettanto ricco, che però ha sempre avuto visioni a breve termine. Non è un caso che il Chelsea sia venuto a giocare la sua terza finale di Champions League con un allenatore che è subentrato nel corso della stagione in corso: è successo nel 2008 con Avram Grant, sostituto di Mourinho, poi con Roberto Di Matteo, che l’ha vinta nel 2012. nell’incredibile finale di Monaco appena due mesi dopo aver sostituito André Villas-Boas, esonerato.

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