La nuova sfida di Draghi

È un G7, ma il focus sarà su questo G20 a presidenza italiana, che a settembre permetterà all’Occidente di confrontarsi con Cina e Russia, unici veri interlocutori degli sconosciuti talebani. E proprio per questo sarà determinante il ruolo di Mario Draghi, fresco di conversazioni telefoniche con Joe Biden. I conti sono presto fatti. Boris Johnson, l’araldo cui si doveva l’annuncio del vertice, resta l’interprete del “rapporto speciale” tra Londra e Washington. Ma un Regno Unito che fugge dall’Europa e si scontra con Mosca non è una garanzia di grande aiuto per un Biden paralizzato dalla debacle afghana. Aggiungiamo un’Angela Merkel prossima al ritiro e un Emmanuel Macron in crisi di credibilità anche in Francia ed ecco un G7 fatto apposta per garantire un posto d’elezione a Draghi. Gli assi nella manica di un Supermario chiamato in aiuto dell’alleato americano non si limitano alla presidenza del G20. Questo, senza precedenti relazioni, difficilmente darebbe frutti. Il primo rapporto essenziale è quello con Washington. Un rapporto instaurato ai tempi della presidenza della Bce quando Draghi contribuì ad arginare, d’accordo con Washington, la frugalità delle politiche finanziarie tedesche. Ma aiutano anche un po’ di fortuna e di politiche ereditate dai precedenti governi. L’Italia, come dimostra la visita del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, prevista a Roma il 26 agosto, resta uno dei pochi alleati europei in grado di arbitrare con un Cremlino reso ostile dalla politica di Biden. Ma riallacciarsi con una Russia che non ha mai rinunciato al dialogo con i talebani è ora essenziale anche per la Casa Bianca.

Lo stesso vale da parte cinese dove sembra imminente una conversazione telefonica tra Draghi e il presidente Xi Jinping. Lì l’Italia può contare sui rapporti privilegiati di Ettore Sequi. Il segretario generale della Farnesina, già ambasciatore prima a Kabul poi a Pechino, è il vero demiurgo del Memorandum sulla Via della Seta e del colloquio, venerdì, tra Luigi Di Maio e questo ministro degli Esteri cinese Wang Yi, protagonista, a fine luglio, incontri con i talebani.

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Sul fronte Ue, invece, Draghi può recuperare il credito maturato negli ultimi Consigli europei dove ha proposto, nell’indifferenza generale, di affrontare il tema delle migrazioni. Una lungimiranza che ora, con milioni di afgani alle porte, nessuno può fare a meno di riconoscerlo.

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