Ad un anno dallo scoppio dell’emergenza in Italia “la verità fraintesa è che se non avessimo chiuso subito avremmo avuto questa ondata di morte che ha colpito Bergamo in tutta Italia. È difficile essere così scortese ma non posso fallire, per rispetto di chi non c’è più e per rispetto di chi ha salvato migliaia di vite. Se non avessimo applicato misure restrittive, il sistema sanitario sarebbe crollato e avremmo avuto un numero fisicamente e logisticamente ingestibile di morti per funerali e servizi cimiteriali. Il che significa morte nella propria casa per un tempo più che umanamente sopportabile“: Questo è ciò che il virologa Ilaria Capua in un articolo sul Corriere della Sera. “Sono anche convinto – ha aggiunto lo scienziato – che ora siamo in un momento critico che potrebbe essere il punto di svolta. Siamo anime di fronte a un ceppo virale che ha acceso il turbo e quindi ci sorprende con la sua forza contagiosa. E quindi devo dirlo con forza: dobbiamo muoverci il meno possibile. L’essenziale assoluto e basta. E quando devi davvero prendere le doppie precauzioni. Per quanto? Se sei bravo e compatto qualche mese. Allo stesso tempo, vaccinare nel modo più efficace possibile“,”mettere il turbo sulla somministrazione dei vaccini. Paradossalmente l’operazione di soccorso viene eseguita in un minuto breve e la modulistica viene compilata per un massimo di 20 minuti. Non è così ovunque, quindi non deve essere così. Nei paesi che precedono la campagna di vaccinazione, è sufficiente una firma. Ci deve essere un modo procedurale o digitale per ridurre al minimo questa enorme perdita di tempo in un momento critico come questo. Non lasciamo le dosi in frigo, non possiamo permettercelo. Per favore credimi“.
Ilaria Capua ha anche sottolineato “il peccato originale di questa pandemia“:”All’inizio nessuno ci credeva. I politici occidentali credevano che Sars-CoV-2 fosse rilevante solo per la Cina“, a”comportamento al limite del surrealista“,”alimentato da un vulnus legato a una percezione distorta della realtà. Molte persone non potevano immaginarsi vulnerabili a un virus sconosciuto che, tra l’altro, si trovava anche in un altro paese“,”se più persone avessero compreso la potenziale portata del fenomeno e avessero agito immaginando il “caso peggiore”, forse ora avremmo i vaccini di cui abbiamo bisogno. Sì, perché se all’inizio del 2020 avessimo iniziato a riconvertire le strutture e gli stabilimenti esistenti (compresi quelli che producono i miliardi di dosi di vaccini veterinari) oggi avremmo un grosso problema in meno.“.
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