Lavoratori sommersi, turni estenuanti, ricatti sessuali: lo scandalo dell’impianto idrico di Posina, 7 indagati. L’azienda: “Non c’entriamo niente”

VICENZA – Questa mattina, mercoledì 12 gennaio, i finanziatori della Direzione Provinciale di Vicenza, su delega della Procura locale, hanno informato 3 dirigenti delle “Fonti di Posina spa” con sede a Posina (VI) operanti nel settore delle acque minerali, un decreto contenente 3 misure cautelari di interdizione emesse dal tribunale di Vicenza. I rilievi, effettuati dalle Fiamme Gialle della La compagnia di Schio, nascono dalla presentazione di denuncia agli uffici del Ministero da parte di alcuni dipendenti, tutti nazionalità moldava, formalmente inquadrato in a Cooperativa ed una srl ​​con sedi in Lombardia ma, di fatto, impiegata in un’azienda vicentina, attiva nel settore dell’imbottigliamento di acqua minerale e bevande analcoliche, che lamentavano comportamenti ripetuti da parte di sfruttamento lavorativo.

Fonti Posina: del tutto estranei alle accuse

L’azienda Fonti di Posina la sera di oggi 12 gennaio ha pubblicato una nota affermando del tutto estranei alle accuse di alcuni dipendenti di una cooperativa che operava nel suo stabilimento. L’azienda ha sempre operato nel pieno rispetto delle regole e tutela principalmente i diritti dei lavoratori. Fonti di Posina e del suo staff affermano di essere completamente estranee alle accuse presentate. Le responsabilità – prosegue la nota – restano da definire e l’azienda, con i suoi dipendenti, prende le distanze fermamente affermando con determinazione di non essere mai stata a conoscenza delle condizioni a cui sarebbero sottoposti i dipendenti della cooperativa, tanto meno che i comportamenti posti in essere dal dipendente aziendale presunto della cooperativa stessa. La società ha correttamente corrisposto alla cooperativa quanto dovuto in base al lavoro affidatole ed svolto, senza impegnarsi minimamente nella selezione, organizzazione e gestione dei lavoratori. Il presidente del consiglio e i due dipendenti – che si specificano non dirigenti, a differenza di quanto indicato – interessati dal divieto valuteranno, dopo la lettura degli atti, l’opportunità di proporre ricorso avverso la disposizione.

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Indagini finanziarie: arruolato dal caporale

Sono venute alla luce le indagini svolte dai finanziatori, sotto lo stretto coordinamento della Procura della Repubblica di Berica turni estenuanti, fino a 15 ore al giorno, ininterrotta, non fruizione della pausa pranzo e dei giorni festivi, pagamento della maggior parte delle retribuzioni “nere” (per nascondere le effettive ore di servizio), il tutto sotto il costante minaccia di licenziamento ingiusto. Con la complicità di una persona di nazionalità moldava in qualità di “caporale”, i connazionali sono stati “arruolati” nelle loro abitazioni grazie alla predisposizione di documenti di identità rumeni falsi per consentire l’ingresso illegale nel territorio nazionale senza permesso di soggiorno come normali cittadini dell’UE , anche se in realtà sono illegali.

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Secondo la ricostruzione dell’indagine, infatti, il reclutamento è avvenuto direttamente in Moldavia attraverso la conoscenza diretta dello stesso caporale, il quale procedeva ad ottenere, contro pagamento di una somma di denaro, un documento di identità comunitario, spesso contraffatto, determinandone l’ingresso nel territorio dello Stato; gli stessi lavoratori sono stati utilizzati indiscriminatamente come operatori di carrelli elevatori, indipendentemente dal fatto che possedessero o meno l’apposita licenza di carrello elevatore, circostanza che ha chiaramente aumentato il rischio di incidenti sul lavoro all’interno dello stabilimento. Il doppio corporeo aveva imposto o tentato di imporre servizi sessuali a dipendenti neoassunti pena il licenziamento.

Uso anche di un minore

Si segnala inoltre l’assunzione di un minore (nato nel 2003), per il quale nella domanda di attribuzione del codice fiscale all’Agenzia delle Entrate erano stati inseriti dati falsi per farlo apparire maggiorenne e assumerlo in fabbrica. . Dalle indagini è emersa la consapevolezza della struttura aziendale della spa (presidente del consiglio di amministrazione, responsabile di stabilimento e magazzino e responsabile della distribuzione interna) sulle condizioni di lavoro e sui comportamenti operativi posti in essere dal caporalato: anche in un caso, in una conversazione di posta elettronica ricevuta durante l’attività di ricerca, i dirigenti aziendali definiscono le ore lavorate da alcuni lavoratori “al limite della definizione di schiavitù prevista dall’ONU”. Sulla base di questi elementi, il GIP del tribunale di Vicenza, su richiesta del pubblico ministero, ha disposto l’applicazione di misure cautelari nei confronti di 3 soggetti della dirigenza della società ritenuta responsabile, con i quali ha il proibito, per un periodo di dodici mesi, a svolgere qualsiasi attività amministrativa, gestionale e lavorativa autonoma o subordinata svolta dalla Guardia di Finanza di Vicenza.

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Sette sospetti

7 persone fisiche sono attualmente oggetto di indagine, a vario titolo, per i reati di intermediazione e sfruttamento illecito del lavoro aggravato, violenza sessuale, aiuto e incentivazione all’ingresso illegale nel territorio dello Stato, soggiorno irregolare nel territorio dello Stato , impiego di lavoro clandestino, detenzione e fabbricazione di documenti d’identità falsi e materiale falso commessi da persone fisiche. La spa è stata altresì denunciata all’Autorità Giudiziaria per la responsabilità amministrativa dell’Ente dipendente da reati, presupposto per l’intermediazione e lo sfruttamento illeciti del lavoro, l’agevolazione dell’ingresso illegale nel territorio statale e l’impiego di lavoro clandestino.

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