Le neuroscienze cambieranno tutto?

Doriano Solinas, opera (particolare)

Doriano Solinas, opera (particolare) – Archivio Avvenire

Dalla nuova edizione del saggio di Andrea Lavazza e Luca Sammicheli, Il crimine del cervello. Lo spirito tra scienza e diritto, che esce in questi giorni dalle edizioni Codex (pagg. 288, 16 €), vi anticipiamo un passaggio dell’introduzione dei due autori.

La possibile – vera – rivoluzione delle “neuroscienze” non consiste tanto nella nuova integrazione delle diverse discipline nello studio del cervello quanto nella possibile completa riduzione – tramite correlati cerebrali – del comportamento a fenomeno naturale. E quindi, lo ripetiamo come una questione centrale, uno spostamento di competenze dal dominio politico a quello scientifico. I rapporti tra neuroscienze e psicologia diventano così al centro della nostra discussione. Altrove, è stato evidenziato che tra i possibili significati crittografici del termine neuroscienze vi è quello di un “modo nuovo e moderno di intendere le scienze psicologiche”, cioè “la nuova psicologia è la neuroscienza”.

L’argomento è più o meno il seguente. Ogni attività mentale ha un correlato cerebrale, quindi ogni attività mentale è cervello, quindi la psicologia (la scienza dei fenomeni mentali) è neuroscienza. A ben vedere, la questione è un po’ più complessa. Per riassumere, torniamo semplicemente alla sintesi di un noto articolo di Deena Skolnick e dei suoi colleghi che analizzava l’effetto a volte fuorviante dei “resoconti neuroscientifici” del comportamento umano: “Le spiegazioni dei fenomeni psicologici sembrano suscitare più interesse nel mondo pubblico quando contengono informazioni neuroscientifiche. . Anche le informazioni neuroscientifiche irrilevanti in una spiegazione di un fenomeno psicologico possono interferire con la capacità delle persone di considerare criticamente la logica alla base di tale spiegazione. ”

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Il punto che qui ci interessa non è tanto il tema specifico dell’articolo (l’implicazione deformante nel giudizio sulla benevolenza di una spiegazione scientifica), quanto le ipotesi che esso presuppone e che nessuno ha dato in questione. Infatti, il breve testo riportato mostra che: 1) esistono “fenomeni psicologici” suscettibili di interesse e spiegazione scientifica; 2) che il “fenomeno psicologico” può essere spiegato con o senza informazioni neuroscientifiche; 3) che questa informazione neuroscientifica in alcuni casi può essere rilevante mentre in altri del tutto irrilevante. Cioè, l’articolo riguarda la distinzione fenomenica dell’elemento psicologico dall’elemento neuroscientifico. Il problema non è strettamente neuroscientifico, ma qualsiasi indagine scientifica.

Facciamo un esempio. Tutte le auto hanno necessariamente un colore della carrozzeria. Il colore della carrozzeria è un attributo necessario dell’oggetto “auto”, un’auto non può esistere senza un colore (il colore correlato, potremmo definirlo). Da lì all’affermazione che il colore è necessario e sufficiente a spiegare qualsiasi fenomeno legato al mondo dell’automotive, c’è un notevole iato. Il colore della carrozzeria può spiegare, ad esempio, i livelli di vendita di un’auto (informazione rilevante per l’auto come fenomeno commerciale) ma non dire nulla in relazione a una gara di velocità (informazione non rilevante per l’auto come fenomeno fisico). Dire che l’auto ha venduto di più perché “rosso fuoco” potrebbe avere un senso, invece di dire che ha vinto la gara perché “rosso fuoco” sembra, perdonaci, una sciocchezza. Insomma, in relazione a una questione così delicata come l’applicazione della scienza al diritto, occorre un atto di rigore cognitivo che ci obblighi a non confondere le cose (ei fatti) con i fenomeni. Lo stesso fatto che Tizio uccida la moglie perché accecato dalla gelosia è allo stesso tempo un fenomeno biologico (il complesso di schemi biologici e neurologici necessari per compiere l’azione: un soggetto in coma non può uccidere nessuno…); un fenomeno psicologico (non tutti i mariti traditi uccidono le mogli: è il significato del tradimento vissuto dal signor Tizio nei confronti della moglie Caia che fa scattare la primavera omicida) e un fenomeno giuridico (la legislazione di ogni specifico stato può o può non rendere questo fatto legalmente esistente, basti pensare ai famigerati delitti d’onore).

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Tutti i piani fenomenici sono ovviamente correlati per arrivare al giudizio, ma correlati non significa confusi (letteralmente: fusi). In sintesi, l’approccio seguito potrebbe essere ricondotto alla neurofenomenologia. In esso, “un modo di coniugare la moderna scienza cognitiva con un approccio rigoroso all’esperienza umana”, l’oggettività scientifica offerta dalle tecniche neuroscientifiche è sempre metodologicamente ridotta al metro dell’esperienza in prima persona. . Può essere sorprendente scoprire che un seguace rigoroso di questo metodo prima della litteramsia fu Benjamin Libet, uno dei padri degli studi sulla neuropsicologia dei fenomeni della coscienza: “L’esperienza soggettiva o introspettiva della presenza di qualcosa è il criterio principale dell’esperienza cosciente. […] la coscienza, come esperienza soggettiva, è un termine ‘primitivo’, non ulteriormente definibile, con un significato fenomenologico piuttosto che comportamentale”. Un metodo, quello della neurofenomenologia, che sembra quindi in grado di conciliare i contributi rivoluzionari delle neuroscienze con il contatto senza troppe contraddizioni. con le cose stesse (“Con le cose stesse”, come chiedeva Husserl) che deve sempre caratterizzare la vita sociale, politica e giuridica.

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