Le Pen punta sul francese regionale

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Domenica 20 e domenica 27 giugno in Francia si voterà per quelle regionali: verranno eletti i presidenti di regione e i consiglieri regionali per un sessennio e, contestualmente, verranno eletti anche i consiglieri dipartimentali . prescelto (i dipartimenti sono una suddivisione territoriale di secondo livello, dopo le regioni, e sono 101). Un anno prima delle prossime elezioni presidenziali, queste elezioni sono considerate un passo molto importante per i vari partiti a livello nazionale. I sondaggi indicano che il National Rally (RN), il partito di estrema destra di Marine Le Pen, è in testa in sei regioni e potrebbe persino vincere il primo round in uno.

Dalla metà degli anni Ottanta, come ha riassunto Il mondo, la sinistra ha gradualmente conquistato quasi tutte le regioni e il trend è proseguito fino al 2010. All’ultimo regionale del 2015, invece, il trend si è invertito e la destra ha vinto in sette regioni su dodici.

La maggioranza nei consigli regionali dal 1986 al 2015: la sinistra in rosa, la destra in azzurro, le coalizioni locali in grigio. Le regioni sottostanti sono, nell’ordine, Guadalupa, Guyana, Martinica, Riunione e Corsica (Le Monde)

Di solito uno dei preoccupazioni Imparare di più sulle prossime elezioni ha a che fare con la bassa affluenza alle urne, che conferma un trend già in atto e che potrebbe risentire anche dell’emergenza sanitaria. Il tasso di partecipazione, infatti, è in calo da tempo nel Paese: a livello regionale nel 1992 era del 68,7%, nel 2004 del 60,8%, nel 2010 del 46,3% e nel 2015 del 49,9%. Al primo turno delle elezioni amministrative del 2020 aveva votato solo il 44,6% degli elettori e degli elettricisti.

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Secondo gli ultimi sondaggi, la RN è in testa in Provenza-Alpi-Costa Azzurra con il candidato alla presidenza Thierry Mariani citato in tre diverse ricerche tra il 41 e il 43%. Il candidato dei repubblicani (LR, a destra) e presidente uscente Renaud Muselier, sostenuto anche dai centristi di Emmanuel Macron, è per il momento al 34%. In termini di intenzioni di voto, la RN è ben posizionata anche in due regioni settentrionali, Bretagna e Hauts-de-France, che era un tempo quella che in Italia verrebbe definita una “regione rossa”, in cui erano forti i sindacati ei movimenti operai e in cui la deindustrializzazione e l’evoluzione del tessuto sociale negli anni hanno, tra l’altro, spostato l’elettorato a destra.

Oltre alla partecipazione, l’altro elemento da tenere d’occhio sarà la capacità della sinistra di mobilitare gli elettori contro il partito di Le Pen, e le alleanze tra le diverse forze politiche al secondo turno. Il sistema elettorale per le elezioni regionali prevede che, qualora nessuna lista raggiunga la maggioranza assoluta, si procede a scrutinio al quale sono ammesse tutte le liste che abbiano ottenuto almeno il 10% dei voti. Tra le due tornate le liste possono essere modificate e possono fondersi con altre che abbiano ottenuto almeno il 5% dei voti.

Ma sarà importante vedere, tra il primo e il secondo turno, la volontà dei candidati di ritirarsi per non dividere l’elettorato anti-RN, e di compattarsi in blocchi repubblicani – come definiti in Francia dalle coalizioni contro il lontano giusto – superare le differenze.

Nel 2015 in Hauts-de-France si sono presentati separatamente Verdi, Comunisti e Socialisti, e al primo turno Le Pen aveva superato il 40% dei voti, battendo di 15. punti il ​​candidato repubblicano (centrodestra) Xavier Bertrand. Bertrand vinse poi al secondo turno, ma solo grazie al ritiro dalla lista del Partito Socialista, decise di non favorire Le Pen. I socialisti avevano dunque raggiunto il loro obiettivo a breve termine, ma non avevano ottenuto alcuna rappresentanza in Consiglio regionale, lasciandolo nelle mani della maggioranza repubblicana e dell’opposizione del Fronte nazionale. Lo stesso era accaduto in Provenza-Alpi-Costa Azzurra, dove il partito di Le Pen non aveva vinto con la stessa strategia dei suoi avversari.

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Per mettere in crisi il fronte repubblicano, scritto ioEconomista, c’è anche lo spostamento a destra dell’elettorato francese e la normalizzazione del partito di estrema destra di Le Pen all’interno di questo stesso elettorato. In periodo di pandemia, dopo le proteste dei gilet gialli, e con un presidente come Macron che sta perdendo popolarità, Le Pen ha infatti, per quanto possibile, “moderato” il suo messaggio.

E il candidato Thierry Mariani rappresenta proprio questa normalizzazione: ex ministro dei Trasporti tra il 2010 e il 2012 nel terzo governo di François Fillon, ha fatto parte dei principali partiti di destra e di centrodestra del Paese, l’Unione per un Movimento Popolare (UMP) di Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy, poi The Republicans, che lasciò per avvicinarsi alla RN e con cui fu eletto nel 2019 al Parlamento Europeo. Mariani non è infatti lontano dalle posizioni estreme di Le Pen e insiste molto sulle questioni della sicurezza e dell’immigrazione che, di recente, si sono legate al terrorismo, ma è percepito come una figura istituzionale capace di conferire al partito di Le Pen una patina di rispettabilità. L’operazione funziona visibilmente: un sondaggio citato daEconomista afferma che un terzo della Provenza-Alpi-Costa Azzurra che ha votato per François Fillon, il candidato presidenziale repubblicano nel 2017, ora sostiene Mariani.

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