Il convoglio partì velocemente da Gomma da cancellare, uno dei siti più importanti nella regione orientale della Repubblica Democratica del Congo, verso la città di Rutshuru. Poi, all’improvviso, sono comparsi blocchi lungo la strada, forse pietre. E lì iniziò l’incubo fatale per l’Ambasciatore Luca Attanasio e il Fuciliere Vittorio Iacovacci.
La sparatoria nella foresta è fatale
Questa è la prima ricostruzione dell’agguato che ha portato alla morte dei due italiani. Il convoglio proveniva da Pam, vale a dire il Programma alimentare mondiale. Non era, però, come descritto all’inizio, della missione Monusco, operazione ONU in Congo dal 2010. Il convoglio trasportava cibo da Goma ad altri luoghi lungo la strada N2, l’arteria che parte dal lago Kivu, su cui si trova la capitale, si sta dirigendo verso l’interno del Nord Kivu regione.
Una striscia di asfalto alla fine della quale si trovano vaste foreste che costituiscono il rifugio perfetto per i miliziani impegnati nella guerra per il controllo del Nord Kivu. All’altezza di un villaggio situato alle pendici della montagna Nyiragongo, è iniziata l’imboscata.
Il convoglio è stato fermato da pietre poste lungo la N2. In pochi minuti almeno sette miliziani armati sono comparsi dai lati della carreggiata e hanno attaccato i veicoli della missione Onu in cui si trovava l’ambasciatore Luca Attanasio.
Per fornire questa ricostruzione sono state contattate fonti da InfoAfrica. Gli aggressori prima hanno abbattuto gli occupanti del veicolo. Subito dopo, hanno sparato all’autista. I suoni degli spari hanno attirato l’attenzione degli abitanti di un villaggio vicino e dei Rangers da Virunga.
I miliziani in quel momento portarono i due italiani nella foresta. Ma non erano gli unici: con loro furono prese in ostaggio altre persone. Poi i Rangers, individuati i membri del gruppo criminale, hanno aperto il fuoco. I due italiani sarebbero morti durante questa fase: quella breve ma intensa conflitto tra miliziani e forze di sicurezza, avrebbe implicato a morte l’ambasciatore Attanasio e il fuciliere. Una circostanza confermata anche da una ricostruzione del ministero dell’Interno di Kinshasa.
Ipotesi sulla natura dell’agguato
Secondo fonti contattate da InfoAfrica, le modalità dell’agguato portano a due linee di indagine: un tentato furto di derrate alimentari da parte di una banda di i criminali o un’imboscata perpetrata da uno dei gruppi di miliziani attivo nella regione. Seguendo quest’ultima traccia si potrebbe imporre l’ipotesi di un tentativo rimozione dell’ambasciatore è finito nel sangue.
Nessuno ha ancora rivendicato l’azione. Fonti di intelligence riferite aDnaKronos che ci sarebbe stato almeno un sopravvissuto nell’imboscata che ha sentito parlare in swahili e kinyarwanda membri del gruppo che ha effettuato l’attacco al convoglio.
Particolari che, secondo i servizi segreti, porterebbero le autorità locali ad attribuire la responsabilità dell’attacco alle Forze democratiche ruandesi (Fdlr). È uno dei gruppi attivi nella guerriglia che da anni scuote il Nord Kivu, composto principalmente da miliziani hutu. Gli aggressori sarebbero stati ricercati, essendo riusciti a scappare dopo la sparatoria.
Nello stesso periodo nel 2018, due turisti britannici, rilasciati pochi giorni dopo, sono stati rapiti dai miliziani delle FDLR. Sempre nel Parco Virunga, un commando di 60 membri delle forze ruandesi ha attaccato una pattuglia di ranger nell’aprile 2020, uccidendo 20 persone.
Il convoglio Pam non è stato scortato dai veicoli della missione di Monusco. Questo perché la zona era considerata sicura: “Comunque – ha fatto notare il generale all’AdnKronos Marco bertolini – l’ambasciatore non viaggiava da solo ma aveva con sé un fuciliere, purtroppo sono morti entrambi ”.
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