L’Inter ha vinto il derby con la sua arma primaria, il contropiede. Questo è il concetto che da ieri prevale in rete, anche tra giornalisti e professionisti, ma soprattutto tra i tifosi delle altre squadre, principalmente rossonere, ancora amareggiate dalla pesante sconfitta. Già in passato, a chi aveva fatto notare che l’Inter giocava in contropiede, o che la manovra offensiva era solo ‘palla a Lukaku’ e vediamo cosa è successo, Antonio Conte aveva risposto con rabbia, infastidito dalla sottovalutazione del robusto lavoro tattico di Appiano Gentile. Una storia falsa, l’idea che la squadra nerazzurra si limiti ad aspettare che l’avversario lo colpisca in ripresa. Certo, in alcune situazioni della partita questa è un’opzione utilizzabile, soprattutto quando la squadra in testa lascia troppo spazio o è sbilanciata, grazie alle caratteristiche di contropiede di tanti nerazzurri che hanno una gamba e una gamba. aggressività della palla. Tuttavia, in linea di principio, la costruzione del gioco dell’Inter non si basa sul contropiede, ma sulla verticalità.. Abbandonata l’idea del possesso palla, che in passato era costato pochi punti sia in Italia che in Europa, Conte è tornato a mettere in scena il suo calcio ideale, con pochi fronzoli e senza la voglia di dominare la partita. caratteristiche dei giocatori a sua disposizione e da questi ha riproposto la versione nerazzurra della scorsa stagione, regalando anche un buon calcio. Per gli esteti che amano il dribbling stressato, questo potrebbe non essere un merito, ma l’obiettivo è lo stesso per tutti: raggiungere l’obiettivo dell’avversario.. Meglio così velocemente e dal basso.
Senza andare troppo indietro, si pensi ai gol prodotti nel derby: a parte il terzo, solitario intervento di Romelu Lukaku con il Milan decisamente fuori posizione, in difesa arrivano i primi gol di Lautaro Martinez, però, dando l’idea che si tratti di un contrattacco. In entrambi i casi l’azione arriva dai piedi di Samir Handanovic e si sviluppa in avanti, con molta verticalità e minima unione di orizzontalità. Barare è la velocità con cui i nerazzurri portano il pallone in avanti, ma in entrambi i casi il Stefano Pioli attende l’avversario. In particolare, il gol del sorpasso è un capolavoro, un misto dei concetti espressi sopra: dal fondo del portiere sloveno sfiorano la palla in 9 (solo Marcelo Brozovic, stranamente, e Alessandro Bastoni hanno appena ammirato lo sviluppo dell’azione) , al fine: Stefan de Vrij, Milan Skriniar, Nicolò Barella, Romelu Lukaku, Achraf Hakimi (che fa la partita più difficile tagliando a metà la doppietta rossonera), Christian Eriksen, Ivan Perisic e infine Lautaro, che batte Gigio Donnarumma. Oltre al contropiede, è l’euforia della coralità unita alla velocità di esecuzione. E Conte può esserne orgoglioso, perché è il culmine del duro lavoro svolto al Suning Training Center.
Del resto, e questo è un altro concetto che stride con le leggende metropolitane legate al “centravanti” dell’Inter, c’è una statistica che dovrebbe chiarirlo: 57 gol in 23 partite finora in campionato. Una squadra che fa del recupero il suo unico burlone offensivo non segna quasi 2 gol e mezzo a partita …
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