Le autorità politiche e giudiziarie dei Paesi del Nord Europa, divenuti i nuovi snodi del traffico di cocaina nel continente, si rivolgono sempre più ai metodi investigativi rivoluzionari del giudice antimafia italiano Giovanni Falcone, per “distruggere la piovra mafiosa” . lotta”. Si tratta di un approccio che pone al centro il legame tra le organizzazioni criminali, le loro attività e i loro patrimoni finanziari. L’efficacia del metodo risiede nello scambio di informazioni tra i diversi giudici istruttori, nel metodo di cooperazione tra i rappresentanti della giustizia e il polizia di finanza e di dogana, e l’effettiva protezione del personale giudiziario, insieme a un regime carcerario estremamente severo per tutti coloro che non mostrano rimorsi.Cosa Nostra potrebbe essere smantellata.
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“Il nostro Paese non è solo un esportatore di modelli criminali! L’Italia è diventata una superpotenza nella lotta alla mafia e al narcotraffico”, lamenta il magistrato Giovanni Tartaglia Polcini, membro del comitato scientifico dell’istituto italiano di ricerca Eurispes. La sera. Secondo lui, è dovere storico dell’Italia condividere il proprio arsenale istituzionale e tecnico con tutti i suoi partner internazionali. “La tradizionale cooperazione giudiziaria internazionale non può rompere questo paradigma. Per combattere efficacemente la criminalità transnazionale e il traffico di stupefacenti, dobbiamo massimizzare la cooperazione tecnica tra le capitali europee”, ha aggiunto il magistrato.
“Nel Nord Europa la mafia è stata a lungo sottovalutata, come se questa piaga esistesse solo in Italia. Per questo c’è stata una presa di coscienza tardiva e una paura molto comprensibile”, spiega Antonio Nicaso, saggista italiano e specialista in materia di transnazionalità crimine e professore alla Queen’s University in Canada. Secondo Nicaso, le organizzazioni criminali, come la micromafia in Belgio e nei Paesi Bassi, non dovrebbero più essere considerate elementi esogeni. “Si tratta di gruppi criminali molto strutturati, radicati nel territorio, che si infiltrano, corrompono e si appoggiano a una rete di complici locali”, dice. Di qui l’importanza di un controllo più efficace.
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“I sequestri di droga e le pene detentive non bastano. La priorità è smantellare gli imperi finanziari dietro i cartelli della droga, sequestrare i beni illeciti e, come facciamo in Italia, riutilizzare socialmente i beni confiscati”, aggiunge il magistrato Tartaglia Polcini. “L’Italia ha sviluppato una metodologia collaudata. Se questo insieme di modelli, regole e codici si adatta bene alle specificità locali dei Paesi che combattono le cosche mafiose, i risultati non possono che essere positivi”, ritiene.
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