Fabiola Palese, 43 anni, ha ancora davanti agli occhi i lampi di quei momenti terribili. Quando alle 20:30 di giovedì inserisce la chiave nella serratura della porta del suo ex compagno, l’attore Paolo Calissano, e trovalo è morto sdraiato sul letto nell’appartamento di via Cadlolo a Monte Mario, a Roma. Prova a scuoterlo, ma senza successo, quindi chiama un’ambulanza. I farmaci che stava assumendo per curarsi sono circondati dal corpo dell’uomo di 54 anni depressione. Il cellulare, intanto, è su un divano. C’è un dettaglio che Fabiola annota nella sua memoria: “La serratura non aveva le bobine inserite”, ricorda. “Alcuni dicono che sia morto da almeno 48 ore, ma non è vero. Gli avevo parlato il giorno prima all’inizio del pomeriggio e mercoledì sera, alle 20:18, Paolo ha fatto il suo ultimo accesso su Whatsapp”.
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Cosa pensa che sia successo allora Fabiola?
“Non credo assolutamente nel suicidio. Non era da lui. Ha passato tante e tante cose che abbiamo superato insieme e si è sempre alzato in piedi. Al contrario, penso che non abbia resistito a tutti i farmaci che stava prendendo a causa della sua depressione. Nelle ultime settimane aveva sofferto molto e le vacanze di Natale lo hanno addolorato, amplificando il suo sentimento di solitudine. Penso che abbia fatto qualche problema a prenderli, un bombardamento di psicofarmaci, ma non con l’intenzione di suicidarsi”.
Paolo ha avuto problemi con la cocaina in passato, pensi che la droga c’entri con la sua morte?
“Droga? No, il modo in cui l’ho conosciuto e il legame profondo che ancora avevamo, lo escludo. Ma, certo, non abitavo più nella sua stessa casa. Sono però convinto che i fucilieri specificare che questo non ha nulla a che fare”.
Se la porta di casa non è stata chiusa con i mandati, forse Paolo non era solo nell’appartamento quando è morto o qualcuno era andato a trovarlo poco prima? La procura sta infatti indagando sulla morte per un altro delitto. Cosa ne pensi?
“Mi sembra difficile, praticamente solo io e la domestica siamo entrati in questa casa, ma le indagini lo confermeranno. Non usciva quasi mai, si era lasciato andare e forse aveva ripreso a prendere dosi massicce di benzodiazepine per poter dormire. A ottobre era stato ricoverato in una clinica per risolvere il problema del sonno, gli avevano fatto un’altra cura ma non aveva sortito gli effetti sperati. E poi, forse, era ricaduto in questa dipendenza”.
Hai detto che Paolo si sentiva molto solo. È vero?
“Paul aveva sofferto così tanto, troppo nella sua vita. Oltre alla perdita di suo padre e sua madre, la sua carriera legale lo aveva segnato e la sua carriera era stata interrotta. Episodi che potrebbero capitare a chiunque e che, però, data la sua notorietà, lo hanno reso un mostro. Avevano attaccato un cartellino. Il mondo dello spettacolo gli aveva voltato le spalle, ma lui voleva una possibilità di riscatto che nessuno gli aveva dato. Sai cosa?
Che cosa?
“Continuavano a offrirgli piccoli ruoli o a chiamarlo solo per interviste per cui piangere”. Ma ha rifiutato perché aveva una grande dignità”.
Chi era Paolo Calissano?
“Una persona colta, sensibile, generosa, pulita. Un poeta che continuava a scrivere sceneggiature incredibilmente belle tutto il tempo. Disse: “Se non mi vogliono come attore, almeno come scrittore…”. Invece, gli hanno chiuso tutte le porte in faccia. Sono sicuro che se avesse avuto una possibilità si sarebbe ripreso. Invece sono passate settimane e lui si è scoraggiato. Soprattutto Paolo era un uomo malato che non merita di essere ricordato per episodi del passato, ma per quello che era”.
Com’era il tuo rapporto adesso?
“Unico, speciale. Siamo stati insieme dal 2013 al 2019, ma anche dopo ci siamo amati incondizionatamente come amici, ci siamo sentiti ogni giorno. Non aveva nemmeno restituito le chiavi di casa. Avremmo dovuto passare il capodanno insieme, come abbiamo fatto per Natale, esorcizzando la tristezza che le feste hanno instillato in entrambi dopo la morte di mio fratello. Giovedì a pranzo lo aspettavano gli anziani zii che vivono a Roma, preoccupati anche loro. Il telefono era spento e anche quello di casa non rispondeva, quindi ho deciso di andare da lui ed entrare, ma solo dopo aver bussato”.
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