Il foglio con le firme da dare al presidente era pronto in mattinata, erano cinque con inchiostro blu, ne mancavano tre. Fino alla fine. La “coalizione per il cambiamento” ha raggiunto il limite dei nervi e del tempo a disposizione per Yair Lapid prima che possa annunciare l’accordo che può – non c’è ancora fiducia in parlamento la prossima settimana – fermare i 12 anni al potere di Benjamin Netanyahu.
Il meccanismo di rotazione – Naftali Bennett diventa il primo capo del governo, poi è stato Lapid ad essere attualmente ministro degli Esteri – si è infiltrato nei minimi dettagli delle trattative e nel pomeriggio l’ostacolo più grande è stato rappresentato da chi dovrebbe sedere in Commissione Giustizia tra Merav Michaeli, leader laburista, e Ayelet Shaked numero due del partito dei coloni guidato da Bennett. Crisi risolta con una mini rotazione.
Niente più ritardi. Mansour Abbas è a capo di una formazione islamista e non ha potuto confermare il suo sì se non dopo aver ottenuto il via libera dal consiglio religioso, dovrebbe ottenere la carica di viceministro degli interni ed è la prima volta che gli arabi israeliani hanno partecipato al governo dal 1977.
L’alleanza riunisce pezzi molto diversi, per il momento è detenuta dal disponibilità a mandare a casa Netanyahu ed evitare la quinta elezione in due anni e mezzo. L’accordo prevede che questioni più ideologiche come i negoziati con i palestinesi sono lasciati da parte focus sulle questioni interne, dall’economia alla necessità di ritrovare l’unità dopo gli scontri delle ultime settimane tra arabi ed ebrei e anni di incitamento alla sinistra. Sempre ieri un gruppo di sostenitori del Likud ha manifestato davanti al palazzo dove i vertici del partito stavano concludendo l’affare: fedelissimi di Netanyahu, processati per corruzione, un improvviso cambiamento al vertice.
Invece è andato tutto liscio l’elezione di Isaac Herzog come undicesimo presidente israeliano: ha ottenuto 87 preferenze al primo turno e il posto occupato dal padre Chaim tra il 1983 e il 1993. Laburista, in politica dal 1999 come consigliere di Ehud Barak, 60 anni, è considerato parte dell’aristocrazia israeliana: prende il nome dal nonno che fu rabbino capo d’Irlanda e capo degli ebrei ashkenaziti in Palestina sotto il mandato britannico e poi nello Stato di Israele dalla sua fondazione fino al 1959.
2 giugno 2021 (modificato il 2 giugno 2021 | 23:24)
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