PP23: Le regine dell’età della pietra invocano i morti

PP23: Le regine dell’età della pietra invocano i morti

“Sono passati cinque lunghi anni da quando abbiamo suonato qui”, brontola Josh Homme. E in quei cinque lunghi anni il grande dio del rock di Landgraaf ha avuto il diavolo alle calcagna, sembra che sia invecchiato bene da oltre due decenni. Orecchie ampiamente infossate, viso appena un po’ più pallido, pizzetto grigio. Pensi che sia pazzesco: nel frattempo, si è trovato coinvolto in una grande battaglia per il divorzio e ha dovuto lottare per i suoi figli (ha finalmente ottenuto la piena custodia dal giudice e la sua ex moglie Brody Dalle ha persino ottenuto un ordine restrittivo). Ed è morto il caro amico Mark Lanegan. E Homme ha subito un intervento chirurgico per il cancro, ha detto brevemente in una delle poche interviste che ha fatto durante l’uscita di un nuovo album Times New Roman (Questo fine settimana!). In questa intervista ha anche detto: infatti la sua testa non era affatto quella di scrivere nuova musica, ma tutto il dolore compresso in canzoni amare e solide, come succede da musicista.

Quindi oggi possiamo probabilmente prendere il ritmo rock ipotermico di “Emotional Sickness” come un riferimento diretto al suo ex. L’eccentrico ‘Carnavoyeur’ è un ultimo inno all’abbandono che crolla completamente. ‘Quando non posso fare niente, sorrido’, suona a cappella nell’outro. E anche quella intro estremamente agrodolce (“Smile even if your heart hurts”, Peggy Lee schmiert) probabilmente non è stata scelta a caso.

Ma le regine dell’età della pietra non sono qui per soffermarsi sul dolore, sono sul sentiero di guerra. Quindi aprono già con una versione infuocata di “No One Knows” e “Feel Good Hit Of The Summer” e subito dopo anche “My God Is The Sun”. L’ultima dimostrazione di potere. Come dice Man con un sorriso sardonico, “D’ora in poi sarà una navigazione tranquilla”. Per sfogliare un solido spettacolo Greatest Hits – e anche saltare la terza nuova canzone nella scaletta.

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IL MOMENTO:
Preferiscono suonare “God Is In The Radio”, scritta originariamente con Mark Lanegan (per la prima volta dal 2010!) come tributo al grande baritono che ha scambiato l’effimero con l’eterno. Per l’assolo di chitarra, la band abbassa il volume a livello di sussurro, come se Homme stesse avanzando cautamente verso il cielo. E non appena attraversa la copertura nuvolosa, inizia sempre a tuonare con la batteria di Jon Theodore. Wow. E l’implacabile esplosiva “Song For The Dead” è altrettanto intensa, suonata così forte che sembra che vogliano resuscitare i morti con essa.

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