Un nuovo complesso residenziale a Roma negli anni 70. Una ragazzina posa i cavi intorno alle torri cellulari sul tetto dell’appartamento dove vive solo con i suoi genitori, fratello e sorella. Quando la telecamera si alza, otteniamo una panoramica: i fili formano un miscuglio di quadrati irregolari. “Fammi un segno,” disse la ragazza, alzando le mani. Poco dopo, lei e suo fratello si ritrovano in un sito appena fuori dal loro quartiere in costruzione dove vivono gli zingari (come venivano ancora chiamati negli anni ’70). Dopo alcuni sguardi ostili, la ragazza si presenta come Andrea, nome da maschio in Italia.
La scena ricorda quella di Céline Sciamma Maschiaccio (2011), in cui una ragazza commovente si presenta anche da ragazzo quando fa nuove amicizie. A casa Andrea passa la vita sotto il nome di Adriana, ma preferisce chiamarsi Adri. In una conversazione con la sua empatica madre Clara (Penélope Cruz), dice di sentirsi più un ragazzo. In quanto spagnola in Italia, Clara stessa è anche straniera.
Il film italiano l’immensità di Emanuele Crialese affronta i compartimenti ei confini tra i sessi, ma anche tra l’infanzia e l’età adulta. A Clara piace giocare con i suoi figli. In un bellissimo intermezzo che sembra un musical, vediamo il quartetto apparecchiare la tavola con movimenti sincroni, mimando una gioiosa canzone italiana. Durante una cena di Natale, Clara, come i bambini, si infila sotto il tavolo per fare il solletico ai polpacci degli adulti. A poco a poco capiamo perché Clara preferisce stare con i figli piuttosto che con il marito Felice (Vincenzo Amato, protagonista fisso dei film crialesi). Il loro matrimonio è in crisi: Felice è un uomo autoritario, Clara è meno severa. Il matrimonio infelice ha ripercussioni sulla loro prole, che mostra molta resilienza. Attraverso programmi TV affascinanti o film romantici come Dottor Zivago Clara e Adri sfuggono alla loro situazione. In quei momenti, Crialese trasforma le loro vite in uno spettacolo di intrattenimento girato in bianco e nero. Sono felici per un po’, finché il marito di Clara non torna a casa o ad Adri viene detto di comportarsi in modo “normale”. Questi intermezzi rafforzano anche l’idea che il genere sia una performance.
Eppure è in parte autobiografico l’immensità non un film pesante su un matrimonio opprimente, la disforia di genere o il processo di transizione, come lo ha vissuto lei stessa Crialese, nata come Emanuela: è Adri/Andrea. Ciò è in gran parte dovuto all’ingegnosità visiva di Crialese, con scene forti e belle composizioni. Ma anche perché i suoi ricordi d’infanzia sono pieni di nostalgia.
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Una versione di questo articolo è apparsa anche sul quotidiano il 22 marzo 2023
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