Dopo tacchino, ora è il turno del Grecia. Ankara e Atene sembrano stavolta incredibilmente vicine sulla gestione della possibile crisi di rifugiati dall’Afghanistan. Infatti anche il governo greco, pochi giorni dopo quello turco, ha dato il via libera alla costruzione di un muro di confine.
Si tratta di una barriera d’acciaio lunga 40 km posta al confine terrestre tra Grecia e Turchia. I lavori sono già in corso e il ministro della Difesa greco, Nikolaos Panagiotopoulos, questo sabato mattina, ha visitato l’area in cui il muro diventerà presto realtà. Incontrando i giornalisti, il rappresentante del governo greco ha difeso la scelta di erigere la barriera. “Non possiamo stare a guardare – ha detto Panagiotopulos – dobbiamo assolutamente agire”.
Parole che testimoniano una certa sfiducia di Atene verso l’Ue. Una sensazione più che giustificata. Si stima che negli ultimi anni siano arrivati in Grecia almeno 60.000 migranti afgani. E di questi 40mila sono ancora presenti nel Paese ellenico. Se le cifre citate nei giorni scorsi, dove si prevedevano due milioni di potenziali profughi afgani a livello europeo, dovessero concretizzarsi, Atene rischia il crollo dell’accoglienza.
Per il momento le risposte da Bruxelles tardano ad arrivare. Dopo la presa di Kabul da parte dei talebani, sono state messe sul tavolo proposte di corridoi umanitari specifici o di assistenza da fornire ai Paesi confinanti con l’Afghanistan. Tuttavia, nessuno nella periferia orientale dell’UE è disposto questa volta ad aspettare i lunghi ritardi comunitari.
Da qui la decisione di costruire in pochi giorni un muro con la Turchia. In effetti esisteva già una prima barriera, ma era lunga 12 km. Ora il muro è lungo 30 km ea lavori ultimati sarà dotato di un sistema di controllo elettronico automatico. Da questo confine passano molti migranti provenienti da Siria, Iraq, Iran e Afghanistan e che mirano a risalire la penisola balcanica. Ma poiché la Grecia è il primo paese dell’UE lungo questa rotta, a causa del Trattato di Dublino le autorità greche sostengono le spese di ricezione.
Il muro, tuttavia, non è stato progettato solo da Atene. Anche Ankara sta costruendo la sua barriera. Quest’ultimo copre almeno 300 km dal confine conIran. I rifugiati fuggiti dall’Afghanistan passano di qui. Un altro segno di sfiducia verso l’Europa. In effetti, è possibile notare come tutti paesi colpiti dal flusso migratorio afghano cercare di proteggersi autonomamente.
Ieri Erdogan, parlando dopo un incontro di governo, ha avvertito: “Turchia – ha dichiarato – non sarà il deposito dei migranti dall’Ue”. In altre parole, non ci sarà modo di accogliere gli afgani a nome dell’Europa, che deve affrettarsi a trovare soluzioni diverse da quella di delegare a paesi terzi o periferici della Comunità.
Il sospetto di Atene e Ankara, mai così vicine come oggi, è che Bruxelles stia giustamente pensando di scaricare i problemi tra la penisola anatolica e il Mar Egeo. Non ci sono né il premier greco Mitsotakis né Erdogan, insieme ai due che nelle ultime ore hanno avuto un colloquio telefonico sulla crisi in Afghanistan. Anche a costo di costruire più muri.
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