Tracce dell’universo primordiale in fossili di stelle

Cento milioni anni dopo il Big Bang, da nubi di gas primordiali ricca di idrogeno ed elio e potrebbero essersi formate tracce di metalli leggeri le prime stelle dell’universo. Probabilmente le loro masse erano fino a mille volte quella del nostro Sole e, viste le loro dimensioni, si ritiene che in pochi milioni di anni siano crollate ed esplose in supernovae. Durante questo processo, hanno forgiato ed espulso oggetti più pesanti, come carbonio, che ha poi nutrito le successive generazioni di stelle. Si chiamano le stelle di seconda generazione stelle a basso tenore di carbonio e sono come dei fossili galatticiperché tengono registrazioni dell’arricchimento chimico che ha avuto luogo. La loro composizione è infatti rappresentata dalla fusione con gli elementi più pesanti prodotti dalle prime stelle.

UN nuovo studio , guidato da un team di ricercatori internazionali che vede un importante contributo da parte degli scienziati italiani, ha realizzato, per la prima volta, un modello al computer per indagare l’origine delle prime stelle metal free agli albori dell’Universo.

Le simulazioni condotte dal team hanno mostrato che durante le esplosioni stellari venivano prodotte grandi quantità di carbonio. Il carbonio contenuto nella nube di gas prodotta dalla supernova porterebbe alla formazione di stelle di piccola massa che potrebbero essere sopravvissuti fino ad oggi e potrebbero quindi essere trovati e osservati. Rispetto alle stelle rinforzate con carbonio, queste stelle hanno livelli di ferro molto più bassi.

“Lo scopo di questo studio è conoscere il‘origine elementi, come carbonio, ossigeno e Calcio. Questi elementi sono concentrati attraverso i cicli ripetitivi della materia tra il mezzo interstellare e le stelle. Il nostro corpo e il nostro pianeta sono costituiti da carbonio e ossigeno, azoto e calcio “, ha commentato. Gen Chiaki, autore principale dello studio.

READ  L'astrofotografo pubblica una foto della cometa C/2022 E3 con la coda "rotta" - Professionista IT

Lo studio, pubblicato in Avvisi mensili dalla Royal Astronomical Society, rientra nell’ambito di applicazionearcheologia galattica: non essendo possibile osservare direttamente la prima generazione di stelle, è necessario studiare fossili stellari per poter comprendere i caratteri delle stelle ormai scomparse.

Immagine in primo piano: Chiaki, et al.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *